Carro armato M 13/40 III serie
Gruppo Corazzato Leonessa 1944-1945
di Andrea e Antonio TALLILLO
Questa non è le versione letterale, all’amatriciana, dell’articolo in inglese, a sua volta una piccola sfida personale per vedere d’interessare alle vicende del nostro Regio Esercito quanti più colleghi modellisti esteri e stimolarli a costruire, una volta tanto, un mezzo meno appariscente di tanti panzer ma veramente più significativo. Non ci dilungheremo sulla storia del suo sviluppo ed impiego, ma troverete solo alcune note sul servizio prestato presso un reparto di cavalleria corazzata della R.S.I.. Grazie ad un libro uscito non molto tempo fa, quello dell’amico Paolo Crippa, riguardante i reparti corazzati dell’esercito nazionale repubblicano – e non solo – è ora possibile acquisire diverse informazioni e riprodurre in scala un M13 abbastanza fuori dal cliché che lo vede solo usato in Africa. Le poche unità corazzate della R.S I. non poterono avere a disposizione che circa 200 mezzi da combattimento. Tra le altre, un’unità di discreto livello operativo fu il Gruppo Corazzato ‘Leonessa’ della Guardia Nazionale Repubblicana, nato nell’inverno 1943 e che tra il suo centinaio di mezzi da combattimento contava una flotta di 55 carri armati e semoventi, 25 erano carri medi M13 ed M15, con prevalenza di quest’ultima versione. Tra difficoltà prevedibili o meno, e senza molto aiuto tedesco, il personale riuscì a addestrarsi, partecipando ad alcune missioni di scorta a convogli ed antiguerriglia, i suoi 70 ufficiali e 752 uomini erano pronti, ma un impiego in massa non si verificò, tanto meno contro gli Alleati. La fine del conflitto vide l’unità con pochi carri medi efficienti, e pochi di essi poterono essere rimessi in servizio col nuovo Esercito italiano. Gli ultimi carristi del ‘Leonessa’ poterono tornare a casa nel 1947, e non certo accolti da eroi. Ora che i vecchi soldati stanno ormai scomparendo e che il molto tempo passato permette di vedere i fatti con più distacco, anche questi carristi meritano di essere ricordati, anche se non ebbero le stellette sui baveri delle giubbe il loro servizio non fu meno duro, in un periodo quanto mai tragico per l’Italia. Il kit di partenza in scala 1/35 Nella nostra discretamente lunga carriera, abbiamo avuto modo d’apprezzare molte volte il kit ormai molto vecchio dell’Italeri, per l’epoca un must e che poi, ricomparso nei negozi dall’ottobre 1996, lo ha fatto col marchio Zvezda. E’ ancora migliorabile, ma nell’anno di grazia 2007 ci si aspetta di più, ci stiamo abituando bene con certi stampi ricchissimi di dettagli ed il modello non può che apparire povero. Ma non potendo sempre pasteggiare a caviale, in attesa che qualche ditta orientale si decida, magari con una scatola "3 in 1" o giù di lì, a riprodurre quello che fu il nostro cavallo di battaglia, non ci resta che prendere in mano il cutter, aprire la dimessa scatola Zvezda e…cominciare. Per la verità, la prima impressione aprendo la scatola, a distanza di anni, è ancora sorprendentemente buona, tutto sommato l’assemblaggio dei pezzi e la qualità della plastica sono accettabili, non c’è quasi da lavorarla se non per togliere qualche bavetta qua e là. All’epoca i giovanotti dell’Italeri avevano "catturato" l’aspetto dell' M13 – in realtà riproducendo un M14 , ma poco importa perché per la nostra realizzazione torneremo ad un M13 III Serie – ed in alcuni punti il livello è accettabile, facendo i debiti paragoni, secondo lo standard attuale. C’è comunque da stare attenti ai molti pezzi piccoli ed alle istruzioni, un po’ d’attenzione in più ci faciliterà il lavoro. Tra i pochi pezzi da eliminare subito, quello per la trasformazione in carro-comando, perché si tratterebbe solo del prototipo, e l’equipaggio, molto meno convincente del resto. Esso è comunque sostituibile con qualcuno dei figurini che nel frattempo sono apparsi sul mercato, fortunatamente per noi ‘aficionados’ del Regio Esercito è da un po’ che ne stanno uscendo con regolarità, grazie all’ingegno di nuovi stampisti ed all’intelligenza di alcuni produttori. Abbiamo costruito il modello solo con alcuni cambi nella sequenza di montaggio prevista dalle istruzioni, i dubbi dovrebbero essere risolti anche dai disegni delle tavole. Seguiteci passo passo e…Buon lavoro ! Al lavoro attorno al kit Zvezda Cominciamo alle sospensioni, che comprendono molte parti ma richiedono alcuni cambi in dettaglio, prima ancora di essere incollate fra loro. Applicheremo internamente alcuni dischetti di sprue tagliato, per migliorare l’aspetto delle balestre (Tavola 1 –1) E’ preferibile scegliere di non lasciarle movibili, così si può passare velocemente a dipingere i vari pezzi prima di incollarli fra loro. Il passo successivo è togliere dal supporto della ruota motrice la parte riguardante la leva cacciafango, per lasciare solo una corona circolare (2 e 3) dovendo applicare ovviamente i bulloni mancanti. I supporti posteriori dei parafanghi (4) non ci servono perché la versione che andiamo a riprodurre aveva i parafanghi "corti", basta usare una buona lama e scartavetrare la zona. Mancano alcuni bulloni sul pezzo del regolatore di tensione del cingolo (5), tutti i bulloni aggiunti al modello sono ricavabili dal suo fondo, poco visibile una volta completato e montato su di una basetta. Incolliamo la prua più in alto di quanto indicato nelle istruzioni per un migliore allineamento con la piastra inclinata, prima di unirle. Nel kit è riprodotta solo una fila di rivetti sulla prua, ma in realtà erano due, non solo c’è da applicare la nuova fila, ma per finire in bellezza ci sarebbero pure degli ancora meno visibili rivetti in verticale (6). Tra le poche parti fuse dello scafo, c’erano i ganci per la fune di traino (7), i pezzi sono da armonizzare con le loro piastre fissate con dello stucco e lo stesso va fatto con l’anello di traino della prua (8). Naturalmente, si possono montare i parafanghi per ultimi, facilitando il maneggio del modello e la sua verniciatura. I parafanghi "corti" (9) tipici dello M13 dopo la Ia Serie di produzione, si ottengono con un po’ di chirurgia su quelli del kit, prima li assottiglieremo dall’interno, poi li taglieremo sino alla lunghezza appropriata, magari andando per tentativi, nel senso di tagliare da principio più indietro e se del caso tagliare di nuovo e scartavetrare fino ad avere il giusto risultato. I parafanghi includevano le feritoie d’ispezione (10), prima di forarli controlliamo più di una volta la documentazione ! Il tocco finale erano i loro supporti, (11), costruibili con strisce di carta e plasticard e completando coi bulloni. E’ meglio assemblare i parafanghi con un tipo di colla che permetta, se proprio fosse necessario, di smuoverli un po’ ed allinearli meglio. Per aver completato la prima grossa fase riguardante lo scafo, c’è solo da dettagliare l’area dei portelli d’ispezione (12), incidendo i loro contorni con una lama per farli spiccare di più ed aggiungendo la striscia di rinforzo anteriore e la maniglia d’apertura (13). La postazione binata di mitragliatrici era un’altra parte fusa, imbullonata al fronte sovrastruttura, ed è un’altra area che richiede diversi dettagli in più per essere realistica. Copriremo la superficie troppo liscia della zona con della trielina, poi premiamo sulla plastica con delicatezza con un vecchio pennello, così essa si ammorbidirà abbastanza ed apparirà proprio rugosa. Vanno praticate quattro piccole depressioni sulla cima, verso la sovrastruttura, piazzando in esse altrettante teste di rivetti (14); vanno posizionati anche le due file interne di bulloni (15). Alla parte frontale della postazione, è facile aggiungere – riproducendola con del Milliput – la ben visibile ‘bava’ di materiale fuso, che non veniva mai tolta del tutto, ma solo appiattita per fare da base. Il pezzo 56 manca delle strisce antischegge laterali (17) ed è necessario ricollocare ed aggiungere alcuni bulloni ai pannelli superiore ed inferiore (18). E’ facile controllare sulla documentazione cosa c’è poi da fare per le ‘maniche’ corazzate delle canne delle Breda. Le parti saranno più realistiche se le scartavetreremo per affinarle – anche verso le punte (19) e se aggiungeremo i fermi imbullonati tra esse ed il tubo del cannocchiale di puntamento (20); non dimentichiamoci i "tappi" per le canne delle mitragliatrici (21) ed il foro per il cannocchiale (22). Uno schizzo dell’aspetto generale della parte è in (23). Per aumentare l’interesse nell’area del guidatore, si può montare il suo portello aperto (24), autocostruendo la struttura maculante interna ad ‘U’ ed aumentando un po’ il realismo dell’apertura nella piastra di corazza. Per il resto, il posto di pilotaggio è scarsamente visibile anche a portello aperto, e consigliamo di limitare il lavoro all’indispensabile. Ora voltiamo la nostra attenzione al cielo della sovrastruttura, cominciando col costruire il bordo interno dell’anello antischegge usando strisce di carta, sulle quali vanno poi applicati i bulloni. Il lato interno ne includeva cinque sulla barra anteriore (25), quelli del bordo esterno vanno rimpiazzati con rivetti (26). Poi, scartavetriamo i bulloni dal cielo della sovrastruttura sino a che essi abbiano l’aspetto di rivetti. Avremo cura a questo punto di migliorare l’area del guidatore (27), togliendo la protezione dell’episcopio ed installando la sua testa, scavata da un blocchetto di plastica. Quando sarà pronto, a sua volta lo scaveremo, dipingendo la superficie interna in blu e riempiendo la cavità con della vernice trasparente, dopo qualche tempo. Ultimo intervento è incollare due rivetti sulla parte superiore, dietro alla posizione dell’episcopio. Un’altra zona che richiede attenzione è quella dei lati della sovrastruttura: rimuoviamo il bordo in rilievo dal loro fondo (28), che non ha ragione d’esistere mancando la rispettiva parte di parafango, avendo cura di salvare il cardine del portello dell’equipaggio e di applicare una ugual fila di bulloni (29). Il portello dell’equipaggio era più complicato della media, essendo composto il suo bordo da cinque pannelli separati (30), con bulloni nella sezione anteriore e rivetti in altre; rimane comunque da aumentare il rilievo del bordo con una lama e rimpiazzare la maniglia del kit (31) con una ottenuta da filo di rame piegato ad hoc. Proseguiamo riempiendo la cavità sotto alle gondole ed alle scatole degli attrezzi (32) con strisce di carta, anche le loro parti superiori sono state coperte da pezzetti di carta per riprodurre il bordo (33), allo stesso modo, la striscia metallica per i relativi lucchetti può essere fatta con una piccola strisci di carta (34). Ora si può incorporare un po’ di miglioramenti sulla parte posteriore dello scafo, sempre con la preziosa guida di foto del mezzo vero a documentazione. Prima fase è applicare una file di bulloni alle parti laterali superiori (35) ed inferiori (Tavola 2 – 36). Aggiungiamo le piastre di rinforzo ad "L" con i loro bulloni (37), i bulloni alle piastre dei ganci laterali di traino (38), la striscia imbullonata di rinforzo tra la piastra verticale e la piastra del cofano motore (39), la fila di bulloni alla piastra posteriore – nella parte inferiore – (40), e sopra il bordo superiore della scatola di stivaggio (41). La scatola stessa ha bisogno di aumentare il rilievo del portello centrale (42) e di una maniglia a "T". la barra di traino (43), come presentata nel kit, non è corretta per uno M13, ma è un lavoretto facile realizzarne uno nuovo con sprue stirato a caldo. Lo scatolotto di protezione della testata del radiatore (44), nella cosiddetta III a Serie di produzione, aveva una forma a fungo in sezione, per un look migliorato il tappo va tolto con una buona lama dal pezzo del kit, lo abbasseremo ed incolleremo un po’ più verso il retro; la striscia posteriore manca dei quattro bulloni vicini (45). Applicheremo altri quattro bulloni per ogni lato della piastra verticale del cofano motore (46). Come accennato, essendo il kit Zvezda ancora e sempre la riproduzione di un M14, il cofano motore va modificato per ottenere quello tipico degli M13. Non c’è che da tagliare via le flange delle griglie d’efflusso dell’aria e dopo aver scartavetrato l’apertura, applicarne di nuove, 19 piccole strisce di carta da disporre nel senso opposto (47). Si deve anche cambiare l’aspetto dei fermi dei portelli del cofano (48). Per gli attrezzi caricati, non c’è proprio da metterli tutti, ma almeno da cambiare quelli scelti e fissati, non dimenticando che, scegliendo per ipotesi di non applicarli, restano da dettagliare maggiormente i loro supporti metallici, magari abbassandoli a livello della parte superiore della sovrastruttura (49). La posizione del cricco deve essere cambiata, va disposto sulla piastra posteriore, al posto del rullo di scorta di sinistra, applicandolo nella sua nuova "tasca" riprodotta in plasticard (50). Il cricco va dettagliato con la maniglia ed il foro per la leva (51). Il pezzo 32 è un attrezzo per tendere i cingoli (52), dobbiamo cambiare le sue ganasce troppo spesse con strisce di plasticard, forando le depressioni per i rivetti nella sua struttura. Controllando le fotografie disponibili, i carri del "Leonessa" non avevano a bordo un gran che di attrezzi o caricamenti, così abbiamo usato solo il minimo indispensabile, ovvero al fune di traino. Restano alcuni piccole aggiunte da fare alla sovrastruttura, come i montatoi per l’equipaggio (53) in sprue stirato a caldo e piccole strisce di plasticard, una volta realizzati sono da incollare appena più in avanti di quanto previsto nelle istruzioni. Tranquilli, se i montatoi non vengono proprio perfetti al primo tentativo, bisogna avere una certa pratica, altrimenti si rischia anche di scogliere il pezzetto di sprue. A seguire, sempre con del filo di rame piegato otterremo la maniglia (54) da piazzare sopra la sovrastruttura, mentre con delle strisce di plasticard otterremo il supporto d’antenna a "Y" (55). La base del supporto dell’antenna (56) va alzata e il supporto dettagliato con i tre rivetti: l’antenna era alta 180 cm, ovvero 51 mm in scala 1/35, dopo aver tagliato un po’ più lungo di questa dimensione un filo d’acciaio fine, versiamo una gocciolina di cianoacrilato, togliendo l’eventuale eccesso con un pezzo di carta ed applichiamolo, tenendolo in posizione per qualche secondo, è l’unica modo per farla restare dritta. Le luci sotto al bordo superiore della piastra posteriore erano due nei primi lotti di produzione ed una sola nel terzo (57), non tralasciamo di incollare un pezzetto di filo di rame per riprodurre la guaina del filo elettrico. Per i fari abbiamo usato lenti che sono vecchi pezzi da kit di automobile, chi non avesse una banca dei pezzi molto fornita può ripiegare su acetato tagliato per mezzo di un punzone cavo o con lenti autoadesive, le migliori sono quelle della MV, in ogni caso il faro va prima scavato e va aggiunta attorno una striscia di fissaggio, fatta in carta. Se capitasse di raschiare un trasparente montandolo, potremo limitare il danno distribuendovi sopra un velo d’acquaragia pulita, strofinando lievemente con uno straccetto pulito. Gli ultimi, ma proprio ultimi pezzi da applicare allo scafo sono le marmitte (58). Esse avevano quattro fasce in rilievo, così dopo aver scartavetrato i rilievi del pezzo Zvezda, togliamo via il supporto elastico inferiore, per incollare due nuove fasce, fatte con stricie di carta (59), riproducendo pure i supporti elastici, fatti con piccole strisce di plasticard, aggiungendo i bulloni e allargando gli sfiati con una buona lama per avere più realismo. A proposito di realismo, nostra croce e delizia, una cingolatura aggiunge moltissimo ad ogni modello realizzato. Qualche volta è quasi impossibile arrivare ad un buon livello usando i cingoli del kit, come in questo caso; abbiamo preferito usare gli appositi cingoli in resina del set MODEL VICTORIA, piacevoli da costruire e che necessitano solo di un più lungo lavoro per toglierli separatamente dalle materozze, per il resto si mettono assieme quasi da soli ! E’ anche agevole provarli a secco attorno al treno di rotolamento, per dipingerli meglio ed invecchiarli prima del fatidico incollaggio. Ancora meno problemi ci saranno se, dopo aver completato la striscia inferiore ed averla lasciata asciugare su di una superficie piatta, ci concentreremo poi sul dare un aspetto del tutto convincente alle maglie di cingolo attorno alla ruota motrice, di rinvio e soprattutto sopra i rulli reggicingolo. Venendo alla torretta, è un’altra parte del modello da lavorare a fondo. A parte gli interventi lapalissiani, come sostituire la canna della mitragliatrice – sulla destra – ed il cannocchiale di puntamento – sulla sinistra – il primo invece più importante è quello sui lati del grande scudo esterno del cannone. Esso era tenuto anche da quattro bulloni, fissati tramite canali scavati nei suoi lati, canali dimenticati dallo stampista ma ben visibili, dopo averli scavati con una fresetta usata a mano, incolleremo altrettanti bulloni (60). La canna del cannone non è all’altezza dei tempi, ma si può rimpiazzare con qualcosa di appropriato. La parte superiore della torretta ha bisogno di un discreto lavoro, qui realmente il vecchio stampo mostra un po’ la corda, essendo riprodotti i rivetti come bulloni. Una volta tanto, bisogna prima toglierli e poi scartavetrare quel che rimane sino a far vedere solo le teste dei rivetti, lo schema della rivettatura è mostrato in 61 e 62. Nella parte posteriore, mancano le separazioni delle piastre, dietro al portello (63), esse sono facilmente riproducibili con una buona lama, cercando di non distruggere i dettagli vicini. I periscopi (64) possono essere modificati con delle ‘teste’ migliori, il modo più facile è toglierli, praticare un foro nelle protezioni, poi infilare delle nuove "teste" ottenute da cilindretti di plastica. L’installazione della mitragliatrice antiaerea non è accurata e per averne una migliore non c’è che da autocostruirsela (65). Si parte con una nuova parte cilindrica in plastica, forata sui lati per innestarvi due nuove gambe in plasticard, piegate a caldo sopra la fiamma di una candela. Una controllatine ad una foto chiara per stabilire l’esatte inclinazione dell’intero nuovo pezzo, da incollarsi per ultimo quando tutte le altre parti sono asciutte, in modo che un’eventuale maneggio non lo rompa. Si può tralasciare il montaggio della Breda, sia per far apprezzare meglio il supporto appena realizzato sia perché mancava su molti carri. Dopo di ché, non c’è molto da fare ancora prima di passare alla verniciatura. Tornando per un attimo alla torretta, di recente la MODEL VICTORIA ha realizzato una nuova torretta per gli M13 ed M14, molto ben fatta anche se migliorabile, che provvederemo a recensire sulle pagine del Notiziario cartaceo, accontentando anche i nostri venti lettori che usano ancora carta e calamaio (anche noi, talvolta, li usiamo, ma non ditelo in giro…). Colorazione e contrassegni Non c’è molto da scegliere, i carri del ‘Leonessa’ restarono dipinti nel solito "khaki sahariano", un bel giallo sabbia carico più o meno avvicinabile allo FS 20260, fin verso la fine del 1944. Al momento dell’ultima fase di preparazione del modello, alcuni mesi fa, non c’era sul mercato un colore accurato per avere un buon giallo sabbia italiano, almeno nella gamma Humbrol. Giocando un po’ al piccolo chimico abbiamo mescolato alcuni vecchi colori Humbrol, due possibili miscele sono un 70 % di Matt 81 ed il restante 30 % HB 2 Dark Earth, oppure un 70 % di Matt 74 ed un 30 % di Matt 83. Diversi carri non ebbero i contrassegni completi, alcuni ebbero spostamenti d’organico e di luogo ed in mancanza di più informazioni, bisogna ricavarsi un’idea dalle sole foto. I contrassegni sembrano ristretti a pochi elementi, una M rossa con fasci e lettere GNR nere, sui lati delle torrette e sulle loro parti posteriori. Le targhe metalliche, solo posteriori, erano grandi 32 x 21 cm, con un fondo bianco, col prefisso GNR rosso e numeri neri a quattro cifre, quello tipico per uno M13 è il 4340. A volte la targa mancava, cosi’ non la abbiamo montata, usando solo la insegna con la M, proveniente dal vecchio ma sempre valido foglio decals in A4 della RCR. Alcuni semplici suggerimenti per una buona verniciatura sono prima coprire con una prima mano non troppo pesante un po’ tutto il carro, cercando di appoggiarlo bene senza danneggiare le parti più delicate. Altre parti andranno dipinte separatamente, come gli attrezzi, poi si applicano mano leggerissime di vernici dalle tonalità color sabbia, un po’ su varie parti del carro, ma alleggerendole in torretta e scurendole invece nelle parti basse. Non c’è ovviamente una formula ma basta usare quantità ragionevoli di sabbia carico e marrone chiarissimo, ed usare versioni schiarite o scurite di essi. Serviamoci di un po’ di bianco mescolato al colore di base del carro per eseguire alcune sfumature, evidenziando così le parti sporgenti come spigoli e rinforzi. I cingoli sono stati dipinti con lo Humbrol HS 216 e lumeggiati con una semplice miscela di toni della gamma Metalcote, per simulare un aspetto di metallo lucido perlomeno nelle parti ove il contatto e l’attrito col terreno lo rendono tale. Un leggero invecchiamento è quel che ci vuole, sottoforma di colore nero ad olio applicato selezionando i rivetti e/o le linee incise tra piastre che si vogliano mettere in evidenza. Sufficientemente diluito, il colore fa un po’ tutto da solo, nel senso che una volta appoggiato sulla superficie dello smalto si disporrà da solo dove serve, in ogni modo l’eventuale eccesso potrà essere rimosso con uno straccetto. Alcune striature di ruggine non stoneranno, purché fatte nei punti giusti, nei quali la corrosione sia di casa, come attorno ai portelli, le parti calpestate più di frequente e le marmitte: per esse si useranno un paio di passaggi in più, per averne di appetibili alla vista si può partire da un fondo di "metallo naturale" sul quale, una volta essiccato stenderemo un po’ di Bruno Van Dyke ad olio, mescolato poi con una punta di giallo e rosso. Il tocco finale sono le tipiche "ombre" traslucide sulla vernice, date dalla nafta versata. Per completezza, il modello potrà essere posto su di una basetta con appropriata ambientazione, per un carro della GNR può andare bene sia un acciottolato di città che una strada di campagna, abbiamo scelto quest’ultima, decidendo di caricarla di elementi o prepararla troppo grande. L’eventuale equipaggio potrà vestire o la comune tuta in tela turchina o le peculiari uniformi del reparto, che descriveremo in un successivo articolo, portate pazienza ! La documentazione Sull' M13, non c’è ancora un vero e proprio libro agile e pensato per i modellisti, sullo stile di tante pubblicazioni estere. Ci sono tomi che danno notizie pure sulla dieta degli equipaggi, ma quanto ai particolari che più interessano il modellista medio latitano, altri libri sarebbero più interessanti ma ormai introvabili. In ogni caso, ci sarebbe la difficoltà di trovare poi notizie e foto sul particolare reparto scelto. In questo ci è venuto in aiuto il libro, molto ben realizzato perché pieno di fotografie ed informazioni anche dettagliate, dell’amico Paolo Crippa, che riguarda tutti i reparti corazzati della R.S.I, edito dalla MARVIA e che rimarrà una buona fonte per diverso tempo, crediamo. Un tentativo più recente di spiegare bene le diversificazioni che ebbe lo M13 durante lo svolgersi della produzione è apparso sullo special dello scorso novembre della rivista STEEL ART. I prodotti aggiuntivi Chi volesse spingersi oltre e dettagliare con qualcosa di più gli esterni o gli interni del suo modello di M13, potrà trovare utile questo piccolo spazio. La tabella non vuole essere definitiva ed alcuni prodotti sono stati volutamente ignorati perché veramente non reperibili o riferibili solo in minima parte all' M13. Marca Soggetto Materiale Codice Brach Model Cingoli Resina BM 34 Eduard Fotoincisioni - 161 E.P. Miniatures Sospensioni Resina EPM ITA-001 Friulmodellismo Cingoli Metallo bianco ATL 15 e ATL 18 Historica Productions Motore 8T Resina 3004 Jordi Rubio Canna cannone Metallo bianco 60 Modelkasten Cingoli Plastica SK 14, SK 18 e SK 43 Model Victoria Cingoli Resina 4034 Decals - 4039 Mascherine Fotoincisioni 4041 Set dettaglio Resina + Fot. 4033 Trasmissione Resina 4052 MS Trade Trasferibili - (R.41) S. 7667 New Connection Canna cannone Metallo bianco 105 RCR Interni Resina e met. bianco RE - S03 Fotoincisioni - RE – S01 Canna cannone Metallo bianco RE - M01 Decals - RED - 01 Royal Model Set dettaglio Resina + Fot. RM 199 Travers Decals - Carri del Gruppo Corazzato della G.N.R. in parata nel luglio 1944. Le uniformi degli ufficiali e dei sottufficiali sono in stile tedesco, mentre i caschi sono quelli italiani. I carri in questione erano verniciati nella colorazione italiana standard (giallo sabbia carico) ma con i nuovi contrassegni. Notare i dettagli di un M 13 - 3^ serie. (Borgatti)Schieramento del Gruppo Corazzato "Leonessa" a Milano il 25 luglio 1944. (Borgatti)
Due ufficiali del Gruppo Corazzato "Leonessa" della R.S.I., con l'uniforme blu scuro, simile nel taglio a quella delle Panzertruppen, modello 1942. (Borgatti) Un carro M 13 ed un L 6 a Torino, luglio 1944. Si può distinguere chiaramente lo stemma dell'Unità portato sui fianchi e sul retro della torretta e l'uniforme "tedesca" del capocarro. (Borgatti) Sosta per uomini e mezzi nel corso della stessa cerimonia. Notare l'uniforme ordinaria modello 40 a sinistra e quella con la giubba accorciata a destra, entrambe grigioverde. (Borgatti)