Panzerbeobachtungwagen III
(ovvero : un osservatore di artiglieria a Salerno)
di Andrea e Antonio TALLILLO
La recente uscita, se ne parla in questi giorni, di un nuovo Panzer III nella versione osservatorio d’artiglieria da parte della Dragon (con il numero di catalogo D6792) ha messo giustamente in ombra l’ormai vecchio kit della stessa marca. C’è da dire che anche in questo campo gli anni scorrono veloci ed un kit che anni fa era quasi al must (dovendo la sua qualità ai bei kits della indimenticabile Gunze Sangyo) può tranquillamente essere “pensionato”. Ma, tenendo conto che l’argomento carri osservatori d’artiglieria non è tra i più trattati, non farà male ricapitolarlo un pò. Non si sa mai abbiate in cantina un vecchio kit Dragon, magari nella versione Cyber-hobby dal discreto restyling che comprendeva anche l’inserimento di un buon equipaggio in relax by Mini Art. Quando abbiamo realizzato il nostro Pz III artigliere, avevamo scelto un esemplare ambientato durante la campagna d’Italia, così non sarà male riparlarne, visto che a pochi mesi dalla scadenza del 70° le mostre sono ancora popolate da soggetti della Normandia e della campagna di Russia. Il mezzo L’ovvia premessa che i tecnici tedeschi erano maestri del riciclo è pienamente applicabile al caso dei diversi Panzer III di tipo ormai quasi superato, che non essendo più usabili come carri da combattimento, erano comunque dei mezzi affidabili e con uno scafo abbastanza grande per ogni uso. Con l’entrata in servizio di quantitativi più cospicui di semoventi d’artiglieria, si dovette introdurre anche un tipo di mezzo corazzato che fosse in grado di operare, con la stessa mobilità dei panzer, come centro di osservazione e direzione del tiro, facendo da capo-maglia nelle comunicazioni tra le batterie ed i gruppi. Il compito era quello di avvicinarsi agli obiettivi sotto bombardamento sino ad ottenere una buona osservazione del bersaglio. Non potendo più usare il poco protetto e spazioso semicingolato Sd. Kfz . 250 dell’apposita versione /5 oppure, com’era stato in pochi casi, Panzer I carro comando o Panzer II adattati, venne buono il Panzer III, disponibile in un buon numero di esemplari. All’inizio, questa soluzione era considerata temporanea, ma alla fine ne verranno convertiti dalla Deutsche Eisenweke di Duisberg ben 262 esemplari dal febbraio 1943 all’aprile del 1944, che verranno usati sin quasi alla fine, in ragione di 2 o 3 (nel caso degli Hummel) per ogni batteria d’artiglieria semovente, poi ridotti ad 1 dal giugno 1944. I tentativi di sostituirli con i Panzer IV o addirittura con i Pantera non andranno mai del tutto in porto. Di questo raro tipo di Panzer III non è rimasta molta traccia per i posteri, esiste solo una torretta. Gli esemplari scelti per il recupero erano appartenenti alle versioni F, G ed H (anche se una fonte parla pure di qualche M), probabilmente già equipaggiati con corazzature addizionali sulla parte anteriore e posteriore dello scafo e sulla parte anteriore della sovrastruttura, in alcuni casi dotati di schurzen ed in altri, raramente, addirittura coperti con la zimmerit. Il completamento era improntato a criteri di economicità, riservando le parti di ricambio per le versioni “da battaglia” meno vecchie, ma in altri casi un certo processo di ammodernamento era già stato effettuato, e si videro così vecchie torrette con cupole del capocarro più recenti. Altri interessanti rompicapo storico-modellistici sono in agguato, perché il cofano motore e le cupole erano abbastanza intercambiabili. Lo scafo per esempio G aveva già nella sua quinta variante il rullo reggicingolo anteriore spostato in avanti di 20 cm per distribuire meglio il peso del cingolo, e le ruote di folle erano intercambiabili grazie ad appositi distanziatori, così si potevano usare i nuovi cingoli da 40 cm all’occorrenza. Come si può facilmente intuire, il “cuore” del mezzo era la dotazione particolare di apparecchiature radio, si andava dalla Fu 8 trasmittente-ricevente alla Fu 4 ricevente, sino al radiotelefono Tipo f ed alla radio “a spalla” Tipo g, usabile a terra da un osservatore dell’equipaggio. Con tutto questo armamentario si potevano tenere i collegamenti con i pezzi sino a 4-5 km, restando in contatto con i reparti panzer o panzergrenadieren fino a 20. Lo spazio necessario, compreso quello per un tavolo da carteggio, fu ricavato smontando le riservette, l’armamento principale e secondario ed il meccanismo di brandeggio; nella torretta, bloccata ad ore 12, era ospitata solo una mitragliatrice, che aveva a disposizione solo 1.500 cartucce, mentre la postazione di scafo era sostituita da una semplice piastra per una feritoia che consentiva il tiro solo con le armi portatili. Per rendere più difficile l’identificazione del mezzo, nella più spessa scudatura esterna era sistemata una finta canna da 20 mm, un simulacro in legno o lamiera. Il ventilatore ed il portello per segnalazioni con razzi erano stati spostati per consentire un uso più agevole, dal sedile dell’aiuto-osservatore, di un periscopio retrattile TBF 2. Sul cofano motore c’era il supporto a vaso per l’antenna “a zampa di corvo” della Fu 8, come sui carri-comando. Gli elementi di ricambio dell’antenna erano contenuti in una cassetta posta di traverso sulla parte alta del cofano motore, posteriormente. L’efficienza generale di questi Panzer III non fu mai alta, a causa di parti troppo logore, ma d’altronde il loro coinvolgimento in scontri più diretti era da considerarsi veramente eccezionale. Per fare un esempio, mentre a fine novembre 1943 ne risultavano in servizio 129, nella prima parte dell’anno successivo 92 erano presenti sul fronte orientale e nell’autunno solo 21 su quello occidentale. Realizzazione del kit Per una volta, i lavori di modifica non sono tantissimi e sono comunque facilmente eseguibili consultando la ricca documentazione sul Panzer III. Più che altro stonerebbe lasciare il kit senza i visibili segni di saldatura tra le piastre, riproducibili con un pirografo. La superfice delle piastre è stata trattata leggermente con una fresa, in modo che la resa della successiva verniciatura sia aumentata. Nella parte anteriore vanno meglio dettagliati i gruppi dei ganci di traino e si prosegue con l’aggiunta delle guaine dei fili elettrici, rifatte in filo di rame sottile. I parafanghi necessitano solo di alcuni pezzetti di plasticard per riprodurre gli attacchi dei vari attrezzi. Il gruppo dell’antenna, posteriormente a destra, è dettagliabile sia nello snodo che nella rotaia d’appoggio, attenzione perché la stessa era in legno con supporti metallici. La parte posteriore del cofano motore è stata sostituita con dei listelli di plasticard, in modo da aumentare il realismo della zona. Le retine di protezione delle prese d’aria sono già in dotazione nel kit e così c’è solo da sistemarle con cura usando una puntina di cianocrilato. Per la versione scelta, le ruote motrici e di rinvio vanno sostituite con quelle della Friulmodellismo AW 01 ed AW 06; essendo metalliche sono già realistiche in fatto di scrostature, nel senso che si verificano da sole dopo che le abbiamo maneggiate per un pò di tempo. In torretta si concentrano alcuni lavoretti, come il manicotto iniziale metallico del finto armamento sostituito, i maniglioni sopra ai portelli laterali sostituiti grazie a del filo di rame; l’esemplare scelto aveva una cupola vecchia, ricostruibile usando alcuni pezzi Dragon e Tamiya (è quella di un Panzer IV Ausf. D). Per ultime sono state aggiunte le “schurzen”, non previste nel kit, sempre grazie alla banca dei pezzi, che vanno applicate dotandole prima di appositi sostegni rifatti in plasticard per essere più realistici, dopo averle sistemate con cura finiremo con applicare i bulloni esterni in corrispondenza degli attacchi. L’esemplare scelto era dipinto semplicemente nel Dunkelgelb che si usava dal 1943, la sua interpretazione può essere diversa, ma un buon passo è quello di pensare ad un giallo sabbia chiaro che abbia una punta di verde. E’ ancora abbastanza realistico il buon vecchio HP 1 della Humbrol ma non pretendiamo ne abbiate scorte inesauribili, così può andare bene il Matt 83 Humbrol appena corretto con una punta di verde. Ma anche lo 83 può essere difficile da reperire e sarà d’uopo trovare una tinta nella vasta gamma Model Color, il fatto è che la tinta era sensibile al tipo di diluizione, la stessa influiva poi nella durata e resistenza alle intemperie. Se poi calcoliamo un pò d’invecchiamento e sporco, può diventare difficile capire da quale barattolo cominciare. Sia come sia, una volta asciutta la prima mano di fondo il bello è poi stendere un velo di colori ad olio un pò su tutto il carro, vedrete che i toni scelti – nero diluito e seppia – saranno un realistico completamento ad una livrea altrimenti monotona. Il colore si inserirà facilmente e da solo, non c’è da faticare, nei vari angoli ed angolini e rientranze, tutte zone delle quali un carro come il Pz III è pieno. Per le decals, se vogliamo in entrambi i kits, vecchio e nuovo, non ci si è sbilanciati troppo, sono di recupero, l’importante è che siano a bordo nero. La 16^ Panzer Division era stata preventivamente dislocata nell’area del golfo salernitano già dalla prima settimana dell’agosto 1943. La sua zona di impiego era divisa in tre settori ed il suo Pz Artillerie Regiment 16 era schierato in quella centrale, tra la città ed il fiume Sele, anche coi suoi pochi Wespe ed Hummel. La reazione allo sbarco alleato fu decisa ma non coordinata, panzer e semoventi diedero un pò del filo da torcere all’avversario ma contro il fuoco combinato delle artiglierie navali, gli Sherman ed i cannoni controcarro non c’era niente da fare. Proprio alcuni cannoni da 6 libbre (57 mm) dell’8° Fucilieri inglese il 9.9.43 misero fuori combattimento a Fasanara, verso Battipaglia, due esemplari della non troppo diffusa versione per artiglieria del Panzer III, appartenenti con ogni probabilità al Kampfgruppe Von Haltey. Bibliografia : - Achtung Panzer n. 2 – Panzerkampfwagen III – dai Nippon Kaiga 1991 - Panzer Tracts n. 11.1 – Panzer Tracts 2003 Un esemplare appena completato in fabbrica; la versione è la F, riconoscibile dal tipico aspetto della corazza addizionale della sovrastruttura. Inizialmente, il finto cannone era veramente corto. (HLD) Un altro carro della stessa versione, operativo con la GD Division. La colorazione è quella standard del periodo 1943-1945. (BA) Uno degli ultimi F in uso fu fotografato in Prussia Orientale nel 1944. La colorazione è a larghe bande ed il numero tattico giallo a bordi neri. (BGAKFFD) Un esemplare della versione G appena arrivato al reparto. La configurazione della corazzatura addizionale anteriore è tipica, mentre il finto cannone è del tipo più lungo. (HLD) Un altro G in fabbrica, con ben evidenti tutte le caratteristiche citate nel testo. La cupola è giù quella di tipo più recente. (HLD) Sempre un G ma in un contesto anche troppo operativo nell’Ungheria di fine 1944. Degni di nota la copertura di zimmerit ed il finto armamento che tendeva a farlo assomigliare più ad un Panzer IV. I carri H si distinguevano per un terzo tipo di corazzatura anteriore della sovrastruttura. Su questo esemplare la ruota posteriore è del nuovo tipo. (BA) Efficace mimetizzazione per un H, si notano bene i dettagli della postazione di scafo e la incongrua copertura del finto armamento. (BA) Un bel dettaglio del periscopio TBF 2 che campeggia in mezzo alla torretta di questo carro della GD. (BA) Il carro scelto per la replica in scala, da poco messo fuori combattimento nella zona di Fasanara. (IWM) Lo stesso esemplare poco tempo dopo, esaminato da alcuni tecnici americani. (IWM) torna ad ARTICOLI