Aliante D.F.S. 230
di Antonio TALLILLO
Il destino è veramente beffardo, a volte, in questo caso l’arrivo di un nuovo kit veramente insolito e che apre tutta una serie di prospettive, ovvero un aliante militare in scala 1.35, si accompagna tristemente alla brutta notizia della dipartita di un amico, che resta uno dei pochi esperti italiani di alianti militari. Maurizio Setti, conosciuto nel 1995 in occasione della presentazione del suo libro L’ALIANTE MILITARE per la IBN, durante una mostra di modellismo a Verona , è un altro amico che è andato avanti e che cerchiamo di ricordare anche con questo modesto lavoro. E’ un brutto colpo perché la schiera di quei ‘happy few’ che da anni tramandano la memoria di mezzi tecnici, reparti e soldati italiani perde un altro cardine. Paracadutista, campione di tiro a segno e modellista nel puro senso del divertimento, durante le numerose e piacevoli conversazioni che abbiamo avuto nella sua bellissima Bologna non è stato mai pedante anche se la sua competenza era indubbia. Il piacere di confrontarsi sulle nostre rispettive esperienze storico-divulgative è sfociato anche nella collaborazione per un paio d’articoli e nell’invito ad organizzare parte della Mostra del Gruppo Modellisti Scaligeri al Circolo Ufficiali di Castelvecchio che, riguardando la campagna d’Africa, lo avrebbe visto, assieme ai veterani aliantisti militari veronesi, trattare la preparazione del tema riguardante “Lo sbarco italiano su Malta”. Mostra alla quale non ha potuto partecipare… Ciao Maurizio, vogliamo ricordarTi già nella seconda edizione della Manifestazione “IN CASTELVECCHIO”, riservando una categoria a concorso agli alianti e parlando del loro ruolo, tante volte poco conosciuto, avuto nel comune periodo d’interesse. Sempre alla ricerca di nuove commistioni, non è male ogni tanto dare un occhio anche al settore aereo, che dopo il millesimo Me 109 o Spitfire resta in debito di originalità ancora oggi. Uno dei settori meno conosciuti e più vicini a noi ‘carristi’ è quello degli alianti militari, che per il loro peculiare, anche se breve uso negli anni ’40, si trovarono coinvolti in molte missioni fra terra e cielo. Fino a pochissimo tempo fa, non c’era molto da costruire se non qualche vecchio kit Italeri o qualche nuovo kit russo, di dubbio realismo. Ora invece, dalla fine di ottobre dell’anno scorso, l’inglese Penguin Models si è coraggiosamente inserita in un mercato che ad oggi è totalmente vergine, con molte attrattive per chi si diletta in diorami, ovvero l’aliante in 1/35 ! Per la prima uscita è stato scelto uno dei più famosi alianti tedeschi, il DFS 230, con una riproduzione in resina che al costo di 60 sterline unirà i peculiari ostacoli dei kits similari da risolvere con pazienza e molto “olio di gomito”. Da un primo esame delle poche foto apparse sulla stampa specializzata, appare già che il kit, ovviamente, è solo una base di partenza, ed abbisogna di diversi interventi specie a livello del posto di pilotaggio e dei vani interni. D’altro canto, è un kit che porta una ventata di fresca novità, perché può dare lo spunto per scenette e diorami anche molto particolari. Rimandiamo una recensione approfondita a quando ci sarà possibile esaminare il kit in questione, tenuto conto anche del fatto che gli alianti non è che da noi siano popolarissimi…. anzi ! Perdonateci questa incursione nel settore aereo, ma il soggetto è “borderline”, come si dice in questi tempi…, non solo ebbe uno stato di servizio invidiabile nella Luftwaffe, dal 1940 al 1945, ma “udite udite” è ambientabile anche in un contesto italiano. Sembrerà strano, ma un aliante militare italiano non fu mai prodotto in gran serie e per la formazione dei primi aliantisti militari si dovette ricorrere anche al DFS 230, già ampiamente collaudato. Così il kit della Penguin Models può diventare un inedito sfondo per un figurino od una serie di figurini tutti italiani. Facciamo un passo indietro : l’aliante in questione aveva già dimostrato eccellenti doti, in quanto a robustezza e stabilità, nonché maneggevolezza e con un carico di 1.200 kg. Inoltre, il basso carico alare, permetteva una dolce e lunga planata. Ospitava 8 uomini, equipaggiati con due mitragliatrici al seguito, che, data la ridotta larghezza della fusoliera, sedevano su di una sola panca imbottita, L’imbarco e lo sbarco avvenivano da due grandi portelloni rettangolari sul fianco sinistro. Oltre agli otto finestrini in plexiglass, che si aprivano su entrambe le fiancate, era presente un grande pannello vicino al muso, utile per non perdere di vista il punto d’atterraggio e calibrare l’impatto con il suolo, subito sotto al musetto squadrato era alloggiato il gancio di traino. Il traino era effettuato dapprima con il tuttofare Junkers Ju 52, ma esso divenne col tempo troppo prezioso, e pertanto furono adattati diversi tipi di trainatori, i più comuni erano lo Henschel HS 126 e lo Junkers Ju 87 B. Comunque anche se l’utilizzo di tali macchine non durò molto, costituì veramente un’arma innovativa e tecniche d’assalto dell’aliante militare nel 1938 furono messe a punto proprio con questo tipo d’aliante. La sua adozione fu dapprima ostacolata da un folto gruppo di alti ufficiali che lo ritenevano costoso e poco pratico tanto che alla fine del 1939 ne esistevano solo 28. Ma dopo i primi strepitosi successi nei Paesi Bassi, operazioni che stupirono il mondo, nei primi mesi del 1940 fu incentivata la produzione e la loro costruzione ebbe forte impulso. Con la versione C1, fu codificata una modifica per ridurre ulteriormente lo spazio d’arresto, con l’installazione nel muso di tre retrorazzi, che arrestavano l’aliante in pochi metri, in seguito con la D1 fu inserito un dispositivo che accendeva in automatico i razzi uno dopo l’altro, rendendo ancora più facile l’azione frenante, inoltre, la grande nube di fumo che si spiegava dai razzi a propellente solido, era anche una buona cortina fumogena. I DFS 230 vennero impiegati praticamene un pò su tutti i fronti, non esclusa l’Africa Settentrionale e l’Italia, sino alla fine del conflitto, e numerose le imprese che li videro protagonisti : cominciando dagli assalti aerei del maggio 1940, all’importante azione su Corinto dell’aprile 1941, all’attacco su Creta , sino alle più prosaiche ma importanti missioni logistiche sia nel teatro mediterraneo che sul fronte russo. Nel settembre 1943, diedero risalto alla spettacolare liberazione di Mussolini al Gran Sasso, mentre l’anno successivo, nel maggio 1944, ebbe meno successo il tentato rapimento del maresciallo Tito a Dvar anche se dal punto di vista del reparto volo tutto era riuscito bene. Una massiccia operazione contro i “maquis” francesi si svolse due mesi dopo sul massiccio del Vercors, ma non era finita, gli ultimi DFS, dei 2.250 prodotti, verranno usati in pericolose missioni di rifornimento delle truppe tedesche circondate a Budapest, dal 28 dicembre 1944 al 12 febbraio 1945, usando una striscia d’atterraggio organizzata allo stadio Vermezo, poi abbandonato dal I Gruppe dello LLG 2 lasciando sul terreno ben 36 carcasse di DFS non recuperabili. Infine a Breslau il 23 marzo 1945 tre alianti atterrarono nella sacca di resistenza, con un cannone da fanteria e le sue munizioni. I D.F.S. 230 italiani A differenza della Luftwaffe, la Regia Aeronautica non prestò mai grande interesse per le applicazioni del volo a vela. Neanche le ecclatanti imprese tedesche, come la cattura del forte di Eben Emael e dei ponti sul Canale Alberto in Belgio (1940) e la conquista dall’aria dell’isola di Creta (1941) modificarono lo stato delle cose. Nel 1942 la necessità di neutralizzare Malta, pericolosa per i convogli navali di rifornimento dell’Asse diretti in Africa fece ricordare anche gli alianti. Il piano preparato (Operazione C3) prevedeva anche un aviosbarco in concerto con forze tedesche. Lo SM della Regia Aeronautica volle costituire un nucleo piloti d’alianti militari, con sede a Cameri (NO) e comandato dal tenente colonnello Contoli, per trasportare reparti speciali ed intervenire direttamente nelle operazioni. Un primo bando di reclutamento per piloti formò un gruppo di 80 allievi, le basi del 1° NAVSM (Nucleo Addestramento Volo Senza Motore) furono gettate con consulenza tecnica tedesca, non si disponeva di materiale di produzione italiana, perché il bando finalizzato alla realizzazione di alianti di media e grande capacità da parte di industrie nazionali era stato formulato solo a fine 1941. I tempi di progettazione e sviluppo costrinsero a ricorrere ancora alla Luftwaffe, che aveva mezzi già ben sperimentati come il DFS 230 d’assalto. Se ne ordinarono 100, ridotti a 50 e poi ulteriormente a 20. Solo il 6 settembre 1942 arrivò finalmente al collaudo il primo aliante italiano l’ AL 12 P , ottimo nelle caratteristiche aeronautiche ma ordinato in soli 6 esemplari. Si aveva comunque l’intenzione di proseguire con lo sviluppo di reparti aliantisti, anche se ormai da tempo (fine luglio 1942) l’Operazione C3 era stata annullata “sine die”. L’attività del 1° NAVSM non fu facile, avendo a disposizione materiale eterogeneo sia per gli alianti, di almeno sei tipi diversi, che per i trainatori , ben 9 tipi d’apparecchio. A Cameri si cominciò ad usare qualche DFS 230 dei 10 in linea, altrettanti restarono in magazzino, in voli di 2-3 ore al traino anche di caccia declassati come il Fiat CR 42 o del Caproni Ca. 133, con atterraggi “di precisione” su brevi e strette strisce d’erba, il Nucleo si spostò nell’aprile 1943 ad Orio al Serio (BG) ed i voli continuarono, anche in notturna, purtroppo con alcuni incidenti ed almeno due alianti andarono persi. Per una diatriba sui prezzi praticati alla Regia, che arrivò ad un accomodamento solo nel giugno 1943, gli alianti non portarono mai che le insegne italiane. Il NAVSM si trasferì dai primi del luglio 1943 a Ponte San Pietro (BG), da dove effettuò attività di volo forzatamente limitate. Il 22 giugno 1943, superando una serie di prove, 11 allievi anziani ed uno degli istruttori conseguirono gli unici bevetti militari effettivi del Reparto. L’armistizio dell’otto settembre bloccò ogni attività del Nucleo, che nella sua breve esistenza era stato ostacolato da molte circostanze e non poté mettere a frutto, in un impiego operativo, il proprio addestramento ed il coraggio dei suoi appartenenti. Due parole sugli Aliantisti Militari Veronesi, si tratta di un sodalizio di 6 persone, unite dalle comuni vicende belliche e che hanno trovato in due di loro, Sergio Castelli e Vincenzo Partesotti, degli efficaci portavoce che, oltretutto, non si sono mai tirati indietro alle nostre domande. Dobbiamo a loro, come all’amico Maurizio, se si è potuto tramandare senza nessun problema di barriere d’età e quant’altro, un pezzetto di storia. ALCUNI DATI TECNICI – Versione B1 Equipaggio : 2 + 8 Peso a vuoto : 812 kg Apertura alare . 21.98 mt Peso max al decollo : 2.100 kg Lunghezza : 11.24 mt Carico : 1.250 kg. Altezza : 2.74 mt Armamento : 1 MG 15 da 7.92 mm Velocità max al traino : 160 - 185 km/h Velocità atterraggio : 90 km/h BIBLIOGRAFIA : - Dimensione Cielo – Bizzarri 1973 - Alianti in guerra 40/45 – Aliantisti Militari Veronesi, 1992 - Notiziario Aliantisti Militari – numeri vari - DFS 230 – Podzun Pallas Verlag - L’aliante militare – IBN - - LE FOTO : 1 – Dettaglio del sistema d’attacco del cavo di traino posto sotto il musetto di un DFS. 2 – Vista dell’abitacolo : il cruscotto era abbastanza piccolo e, in questo caso, accanto all’indicatore di virata è presente lo scasso per un ulteriore “orologio” 3 – Il razionale cruscotto di un DFS 230, sotto agli strumenti di volo si notano gli interruttori dell’impianto elettrico. A sinistra, sotto la tavola di carteggio ripiegata, c’era la leva di comando per gli aerofreni alari. (L’Aliante Militare, IBN 1995) 4 – Parà in addestramento su di un B1 dalla colorazione interamente giallo sabbia. L’arma di bordo è una mitragliatrice MG 15, molto diffusa all’epoca, e che con il tempo troverà utilizzo anche come arma terrestre. 5 – Estate 1942, un A1 del II Gruppe, LLG 1 in sosta in Africa Settentrionale. Sulla mimetica, per nulla cambiata rispetto a quella continentale, è presente lo stemma del reparto che purtroppo è poco distinguibile in questo caso. 6 – Il pattino d’atterraggio era di legno rivestito in lamiera, collegato alla robusta chiglia anche con tre supporti elastici, rivestiti da manicotti in tela. Il pannello in corrispondenza del pilota non è montato, alcune volte neanche in volo. 7 – Due B1 in volo di routine, balza agli occhi la differenza notevole tra la mimetizzazione dell’esemplare “93”, ancora seminuova, e quella più operativa del “91” che però ha avuto probabilmente il timone di direzione sostituito e non ridipinto. La superficie inferiore delle ali è mimetizzata come quella superiore. 8 – Durante un’esercitazione, pilota e mitragliere lasciano l’aliante. Si notano il supporto della MG 15, che permetteva un importante protezione nella primissima fase dell’atterraggio, ed il suo limitatore di brandeggio, appena dietro il tettuccio aperto. 9 – La brillante operazione di liberazione di Mussolini fu possibile grazie alle peculiari caratteristiche del parafreno installato in coda. Su questo DFS, che partecipò alla missione, spiccano l’andamento della separazione tra i colori della mimetica e lo stemma dipinto in bianco sulla parte fissa del timone. 10 – Interessante foto di un A1 abbandonato in Africa Settentrionale, si apprezza la costruzione dell’ala monolongherone, rivestita, sul bordo d’attacco anteriore in compensato e posteriormente in tela verniciata. Gli alettoni erano in compensato e tela verniciata e comprendevano alette di compensazione. (IWM) 11 – Un A1 del III Gruppe dello LLG 1 pronto per la partenza. Interessante la presenza contemporanea di un vistoso stemma di reparto, del numero individuale giallo e di una banda gialla in fusoliera dopo l’insegna nazionale. 12 – Un altro A1 dello stesso reparto, di ritorno da un volo d’addestramento. In evidenza il parabrezza a gradino, il numero individuale rosso e l’andamento a sottili strisce incrociate della mimetizzazione sui fianchi della fusoliera. 13 – Nella versione B1 il pattino d’atterraggio era irrobustito, si notano anche il portello per l’accesso e l’uscita, i finestrini laterali in fusoliera; tra il secondo ed il terzo compare il numero di costruzione della macchina : 7519 in bianco. 14 – La fusoliera era a struttura di tubi d’acciaio saldati e rivestiti in tela verniciata. Il musetto poteva essere protetto per non rovinare l’accumulatore per l’impianto elettrico. Si notano anche la staffa di salita e la parte iniziale della panca interna per l’equipaggio. 15 – Rara foto a colori di un DFS, in un quadro idilliaco di manutenzione. La mimetica è diversa dal solito ed anche il codice bianco in fusoliera, a bassa visibilità, non è dei più comuni. 16 – Siamo a Budapest ai primi del 1945 ed i giorni dei DFS sono contati. Se proprio non si vuole acquistare il kit della Penguin per fargli fare questa fine, si può ripiegare su quello in 1/72 della Huma Model. Cartolina di una Mostra storico-modellistica realizzata dagli Aliantisti Militari Italiani di Verona, su disegno di V. Partesotti Documentazione ultimo Raduno Nazionale A.M.I. a Pavullo Frignano (MO) Distintivi dei reparti aliantisti militari (disegno di V.Partesotti)