Unteroffizier - Sturmbattalion 5
Fronte occidentale - marzo 1918
di Andrea e Antonio TALLILLO
Lo scopo di questo articoletto è convincere che anche un vecchio figurino può essere rimesso in gioco, non è la norma perché molti di essi, passato qualche anno, sono certamente da mettere in seconda fila. Alcuni però, vuoi perché ancora onesti nella fattura o perchè sono stati tra i nostri primi “amori”, può far piacere cercare di rivitalizzarli. E’ un sistema per confrontare quello che si è imparato, ripartendo da un determinato modo di realizzarlo. Del resto, se non ha clamorosi errori, un figurino può ricevere una nuovo metodo di pittura che aggiungerà molto al suo aspetto. Senz’altro il verdetto finale del nostro piccolo pubblico di familiari ed amici sarà positivo. Certo, il figurino sembrerà migliore anche cambiando l’ambientazione, anni fa andava ancora un approccio semplice, nello stile “un fazzoletto di terra e via” ma oggi, giustamente, ci si aspetta un pochettino di più.
La "battaglia dell’Imperatore" (Kaiserschlacht)
Il 21 marzo 1918, alle 9, dopo un pesante bombardamento d’artiglieria, che vide 10.000 bocche da fuoco tedesche lanciare su di un fronte di 43 miglia, tra Bapaume e Saint Quintin, in 5 ore, 1.160.000 colpi, le prime truppe d’assalto cominciarono ad attaccare le superstiti postazioni avversarie, aprendo brecce nelle linee e spianando la strada alle 32 divisioni di fanteria della prima ondata. Anche stavolta, come in molti altri casi, il compito dei reparti d’assalto era arrivare velocemente alle prime ridotte nemiche ancora efficienti e conquistarle con azioni decisive, facilitando l’arrivo della fanteria, che seguiva a breve distanza. Dopo un giorno di combattimenti senza tregua, i reparti tedeschi avevano conquistato quasi 100 miglia quadrate di territorio e 46 diverse località, causando ai reparti inglesi 39.000 perdite e distruggendo o catturando 4 carri armati e 500 cannoni. Anche gli attaccanti subirono alte perdite, comunque grazie alle nuove tattiche sviluppate con i reparti d’assalto, si erano ripreso il territorio che nel 1916 inglesi e francesi avevano conquistato in 140 giorni.
Le Sturmtruppen
L’Esercito Imperiale Tedesco fu pronto a sviluppare speciali distaccamenti d’assalto già dal periodo di Verdun, che attorno al 1918 erano divenute veri e propri battaglioni. All’epoca dell’armistizio ne esistevano 19, composti in genere da 4 compagnie, un comando ed un deposito, appoggiate da una batteria di cannoni leggeri, un distaccamento mortai ed uno di lanciafiamme nonché una sezione di mitraglieri. Operativamente, erano usate pattuglie di sei uomini, molto meno percettibili e che potevano più agevolmente arrivare alle trincee avversarie facendo il più possibile danni, catturando prigionieri o più prosaicamente per avere un’idea esatta della conformazione delle postazioni o, caso frequente negli ultimi mesi di guerra, per recuperare carne in scatola e pane bianco americani. Le incursioni duravano il meno possibile, seguiva una veloce ritirata prima di essere annientati dalle mitragliatrici o dall’artiglieria. Se la reazione nemica era rapida, la lotta diventava simile ai cruenti scontri di sapore medievale. Inizialmente si tendeva ad operare solo di notte ma in seguito si svilupparono attacchi diurni anche in grande stile, nei quali gruppi operavano di concerto, con armi semplici ma più adatte agli angusti spazi tipici delle trincee.
L’uniforme
Quella degli appartenenti ai reparti d’assalto, per la maggior parte, si rifaceva a quella della fanteria, che ormai aveva subito diverse modifiche per renderla più funzionale ed economica. Tra i fattori che contribuirono a cambiarla ci fu il blocco economico alleato, con la mancanza di materie prime che fece diminuire la qualità del tessuto e comparire le fasce gambiere. La Feldbluse (particolare 1 della Tavola) dalla fine del 1917 non aveva quasi più elementi tradizionali né profilature. L’abbottonatura era nascosta, le maniche avevano i risvolti abbastanza lunghi, il colletto chiuso e rivoltato, coperto a volte da un sottile panno verde, la falda posteriore aveva uno spacco centrale fino all’altezza della vita, i bottoni delle tasche e delle controspalline erano in metallo opaco. I pantaloni ormai erano dello stesso colore di quello della giubba, con profilature, ma altrettanto diffusi, se non di più, i cosiddetti Stiefelhose, rinforzati sul fondo con un’ampia pezza in pelle marrone e sulle ginocchia con toppe in cuoio grigio scuro. Le calzature erano morbidi stivali in cuoio nero o più spesso scarponcini in cuoio naturale rossiccio, annerito col lucido, portati con fasce gambiere in tessuto grigio o verde, spesso di bassissima qualità. I gradi dei sottufficiali (part.2) erano costituiti da un nastro grigio argentato cucito attorno al fondo del colletto ed alla parte alta dei risvolti delle maniche (part.A), i sergenti maggiori (Feldwebel) avevano inoltre un bottone decorativo dorato sui lati del colletto (part.B) ma verso il 1918 il nastro compariva solo sulla parte frontale del colletto oppure era spesso sostituito da delle piccole “L” metalliche grigie fissate sugli angoli (part.C), i bottoni decorativi venivano ridipinti in grigio ed il nastro sulle maniche ridotto solo alla parte frontale (part.D). Indipendentemente dal grado, erano portati fregi di specialità sulla parte inferiore della manica sinistra (part.E), come la testa di morto bianca su fondo nero o feldgrau dei distaccamenti lanciafiamme o quello dei mortaisti da trincea, con sigla rossa su fondo feldgrau. Le controspalline (part.3) erano dello stesso tessuto dell’uniforme, ed a volte non erano portate per ragioni di sicurezza. Tranne che per le unità sassoni terminavano a punta, i numeri di reparto o le sigle erano rossi, mentre i bordini rossi divennero poi bianchi, sul tipo unificato, col numero dell’Armata dalla quale dipendeva il reparto. L’elmetto modello 1918 (part.4) era privo del rivetto laterale che tratteneva il soggolo del modello precedente, per il resto era identico e dipinto in verde oliva scuro; esistevano direttive semi-ufficiali per verniciature mimetiche a losanghe verde scuro, grigio scuro, ocra, rosso spento, in genere con linee di separazione nere, ma al fronte spesso i colori erano ridotti a due o tre. L’equipaggiamento, ridotto al minimo e ben assicurato all’uniforme per non fare troppo rumore, comprendeva il cinturone in cuoio giallo-bruno chiaro dipinto di nero e con fibbia bronzea oppure quello tipico degli ultimi periodi, in cuoio nero rivettato con fibbia di lamierino stampato. Il tascapane (part.5) era in tela di canapa, portato a destra sulla schiena con agganciata la borraccia, che aveva una foderino in tessuto giallastro o grigio e bicchiere metallico a volte ridipinto in feldgrau. Era sempre presente la maschera antigas, che veniva riposta in un contenitore cilindrico in lamiera (part.6), alto 16 cm e del diametro di 11, dipinto in verde scuro, munito di tre agganci per una tracolla in canapa, il terzo in basso serviva per fissarlo alla bottoniera della feldbluse, con una passante in canapa e cuoio. Appese alle spalle erano portate due comode sacche di tela per le bombe a mano. In trincea, potevano far comodo della armi da taglio, dalla semplice baionetta modificata alla vanghetta d’ordinanza (part.7), dai bordi affilati e portata senza la custodia, per essere sempre pronta. Il fucile era diffuso, ma creava degli svantaggi entro gli spazi ristretti delle trincee, veniva data la preferenza alla carabina Mauser 98a (part.8) meno ingombrante e più leggera. Erano comuni anche pistole e bombe a mano, mentre solo nell’estate del 1918 verrà introdotto in servizio, in 12 esemplari per compagnia, uno dei primi mitra realizzati, l' MP 18.
Il figurino
La Tauro Model, all’epoca, aveva avuto il merito di preparare alcuni soggetti della Grande Guerra ed il tedesco, il n. 005, era tra i migliori della linea, per proporzioni e scultura. E’ valsa perciò la pena di recuperarlo, partendo dalla sverniciatura. Trattandosi di metallo bianco si può usare un bagno di trielina (o sostanza equivalente) che staccherà la vernice come fosse una pellicola. Resteranno comunque tracce infinitesimali di vernice, che si potranno eliminare con l’uso di una fresette montata su trapanino; la stessa verrà molto utile per re-incidere le buffetterie e ripassare le superfici, come usiamo da qualche tempo. Le mani in plastica, con le quali avevamo già sostituito a suo tempo, quelle del kit è facile che siano andate rovinate con la trielina, bisognerà risostituirle, approfittando per far impugnare al “nuovo”’ figurino una vanghetta. La testa è ormai da cambiare, non essendo più allineabile con lo standard dei nostri giorni, una volta tagliata con cura, l’elmetto è da recuperare stante la penuria di questo tipo nella nostra banca dei pezzi, scavando con pazienza – sempre usando delle frese montate su trapanino, fino ad avere un guscio da applicarsi ad una testa della Hornet. E’ incredibile come una nuova testa possa aiutare a far apparire molto più realistico un figurino !
Per la verniciatura del figurino, si comincia con l’allineare sul nostro tavolo di lavoro almeno un paio di pennelli, da un “triplo zero” per i dettagli, ad uno “zero” per le superfici e le sfumature. Con un pennello meno recente, ancor utile a questo compito, stendiamo una mano molto leggera di grigio a smalto, che permetterà un vero e proprio aggrappamento dei colori che seguiranno. Questo sottofondo, da lasciare asciugare più che bene, è un passo importante anche perché aiuta, nei figurini di metallo bianco, a prevenirne l’ossidazione che si manifesta con il tempo. Noi usiamo ancora gli smalti, ma è una questione di praticità e riserva di barattolini, chi è a suo agio con gli acrilici potrà usare comodamente quelli. Le tonalità degli smalti Humbrol, specie quelli in catalogo diversi anni fa, sono veramente molte e non sarà difficile trovare un verde adatto a comporre una miscela per il feldgrau senza errori. Per diversificare i pantaloni, si può partire da un colore marrone, aggiungendo un pò di verde e lumeggiando con del marrone chiaro, mentre le fasce gambiere sono verdi, lumeggiate con del verde chiaro. La placca del cinturone ed i bottoni sono in metallo grigio opaco, il cinturone nero, il nastro della croce di ferro è nero con orli bianchi. Rendere un buon effetto per le sacche portabombe semivuote implica più passaggi, ma ne verremo a capo più velocemente, applicando una mano di kaki scuro su tutta la loro superficie e lumeggiando poi le parti in evidenza con del kaki chiaro; passeremo con del bianco sui profili e le cinghie, mentre i manici delle bombe vanno in kaki chiaro mescolato ad un pizzico di bianco. La bandoliera per le cartucce del fucile va dipinta con una miscela di grigio e kaki chiaro, e le fettucce in kaki chiaro.
Dopo aver lasciato passare un pò di tempo, per avere un’asciugatura perfetta, potremo applicare sull’uniforme un pò di nero, colore ad olio. Quando era stato dipinto la prima volta, i colori ad olio contenevano, appunto, troppo olio ed i risultati non erano mai incoraggianti. Ora, con i nuovi tipi extra-fini, si hanno colori adatti ad ogni tipo di base e che si sfumano che è una meraviglia, aggiungendo molto senza tema di “sporcare” il fondo. Li useremo comunque con parsimonia, ne bastano poche gocce, da stendersi per lunghi tratti. Per il volto, s’inizia con l’applicare una miscela di rosa, bianco, marrone e giallo a smalto, il tono più chiaro, su fronte, zigomi, parte superiore del naso, palpebre e mento, per passare ad un tono più scuro, da stendersi sotto l’arcata sopraccigliare, borse degli occhi, zigomi, naso, labbro inferiore. A questo punto rimangono degli spazi “vuoti” tra i due toni applicati, spazi che vanno riempiti con la terza miscela che applicheremo, il vero e proprio colore della pelle. A miscela appena preparata, si prende un pennello pulito ed asciutto, picchiettando leggermente sui bordi tra un tono e l’altro, ottenendo così una sfumatura in due toni. E’ una fase da eseguirsi con molta delicatezza, comunque i colori ad olio asciugano lentamente e quindi si può tranquillamente interrompere ogni tanto e riprendere con calma. L’aspetto del volto è ora già abbastanza definito, resta da metterne in risalto il carattere. Basta applicare del rosa chiarissimo, quasi bianco, su zigomi, naso, punta delle orecchie, palpebre, narici e mento, passando poi ad un pò di Terra d’ombra bruciata, per le parti volte verso il basso. Mentre il colore è ancora fresco, si sfumano delicatamente le ultime luci ed ombre con il colore sottostante. Ultimo tocco è lo stendere una punta di rosso cadmio più Terra di Siena bruciata sulle labbra, perlomeno su quello superiore ma ovviamene senza esagerare. Per l’elmetto, dipinto a parte, c’è da stendere delle chiazze regolari nei colori indicati nel testo, bordandoli con sottili righe nere, ma si può anche ripiegare verso un più anonimo verde medio.
Divertimento assicurato, è stato un piacere lavorare attorno ad un vecchio figurino come questo, che altrimenti resterebbe a livelli non certo entusiasmanti rispetto alle diverse uscite degli ultimi mesi.
tavola dettagli
Bibliografia - Army Uniforms of WWI – Blandford Press 1977 - The German Army 1914-18 – Osprey men at Arms n. 80 – Osprey Publishing 1978 - Soldati della Prima Guerra Mondiale – Europa Militaria n. 3 – Albertelli Editore 1990 - 14 – 18 – La Grande Guerre – Editions Ouest France 2009