Un ufficiale della "X MAS"
di Andrea e Antonio TALLILLO
Un nuovo figurino della X MAS
Nel caso di questo reparto della RSI, che i veterani del CMPR ricorderanno trattato in tempi non sospetti quasi trent’anni fa sulle pagine del Notiziario, si parla di un reparto regolare, per di più uno dei pochi rispettati dai tedeschi, con soldati ai quali tendere la mano (ormai sempre più metaforicamente) non è un delitto. Dal nucleo iniziale di circa 1.300 uomini sorpresi dall’armistizio dell’8 settembre a La Spezia, in poche settimane si arrivò a raddoppiare gli effettivi, sino a poter costituire una grande unità, denominata Divisione Fanteria di Marina X. Alla fine, la Decima arrivò a contare 10 battaglioni (i più famosi sono il Barbarigo, Freccia, Fulmine, Lupo, NP (Nuotatori paracadutisti), Sagittario e Valanga) 2 Distaccamenti, 1 Compagnia oltre ad un Reggimento Artiglieria (Condottieri) su 3 Gruppi.
Il suo celebre distintivo era dorato, con al centro la X rossa, sormontata da teschio argento con rosa rossa in bocca, iscrizione dorata in basso “Flottiglia Mas”, il tutto in campo azzurro e contornato da una fune navale. Tale distintivo, spesso in zama non dorata e più raramente in lamierino d’ottone, doveva essere portato sulla manica sinistra della giubba, a metà avambraccio, sopra ai distintivi di grado. Prima della sua consegna furono usati distintivi in stoffa ricamata. Per averne in quantità rispettando i tempi di consegna, il distintivo fu ordinato a diversi fabbricanti, il che comportò alcune leggere differenze nel disegno del teschio e della rosa. Con la nascita della Divisione, i suoi reparti in organico ricevettero scudetti con la dicitura cambiata in Divisione. Tal scudetto è più raro, a causa delle contingenze del periodo.
La Decima si segnalò anche per il buon risultato relativo allo standard dell’uniforme. Essa era derivata dalla “modello 41” per truppe paracadutiste, uguale per tutti i gradi, con poche eccezioni che confermavano la regola. La giubba era del modello detto appunto “alla paracadutista” di panno grigio verde (più o meno pregiato) e priva di colletto, a bottoniera coperta e quattro tasche, due al petto (la cui forma ricalcava quelle della sahariana) e due alle falde, a soffietto e munite di aletta. Gli spacchi posteriori erano uno centrale e due laterali. Era completata da un cinturino di panno con fibbia metallica. I pantaloni grigio verdi, lunghi e flosci, erano muniti di un gambaletto dello stesso panno, che mediante due fettucce di nastro fermavano il pantalone alla caviglia. Il gambaletto era in genere infilato nelle calzature, fossero esse scarponcini o stivaletti di cuoio marrone o nero, talvolta erano usati stivaletti da imbarco della Marina. Sotto alla giubba veniva portato un maglione a collo alto grigioverde con chiusura lampo centrale, più comodo dell’altro modello a collo alto non apribile, anche se per molti ufficiali la regola era invece camicia e cravatta anch’esse grigioverdi. I copricapi più usuali erano il grande basco grigio verde, portato inclinato all’indietro verso destra, o l’elmetto “mod. 33”, ma in qualche foto si possono notare anche ufficiali con berretti a visiera di panno grigioverde, oppure elmetti “mod. 1942” per parà. Le buffetterie erano ridotte al minimo : gli ufficiali erano in genere equipaggiati con un cinturone in cuoio, a volte senza spallaccio, e fondina marrone per Beretta 34 o nero per la tedesca Walther P 38. La P 38 poteva anche essere sorretta da una particolare bandoliera, che sembra prerogativa della Decima, ovvero una semplice striscia di cuoio, larga 3 o 4 cm e portata di traverso, dalla spalla sinistra al fianco destro.
Come appartenenti alla Marina Repubblicana, gli ufficiali avevano sul basco il relativo fregio, ricamato in filo dorato su fondo blu-nero; lo scudo centrale su cui era fissata l’ancora era invece rosso. Sul basco era comune portare anche i distintivi di grado, sulla sinistra del fregio, in filo giallo, del tutto uguali a quelli dell’esercito (mentre quelli alle manopole della giubba seguivano lo stile tipico della marina). Le mostrine pentagonali portate al girocollo della giubba avevano colori diversi secondo le specialità, partendo dal rosso della fanteria di marina con sovrapposto il leone di San Marco fino al luglio 1944 (perché con il rientro in Italia della divisione San Marco che le aveva uguali, il fondo fu cambiato in azzurro). Rimase però rosso per il Battaglione Barbarigo. I reparti navali le ebbero bianche con un’ancora metallo giallastro ed infine il Battaglione Risoluti ed i reparti di artiglieria gialle. Con la trasformazione in Divisione i reparti non indivisionati ebbero mostrine azzurre con ancoretta gialla. Su tutte, ovviamente, non era più presente la stelletta ma il gladio con fronde di quercia. Alcuni Battaglioni portavano distintivi al petto, appesi al bottone della tasca sinistra, lo stesso per particolari brevetti. I reparti autonomi impiegati in Istria avevano invece un proprio distintivo, realizzato in metallo bianco e con un disegno blu scuro riproducente due braccia, emergenti dal mare e nell’atto di sorreggere un’ancora.
Nel campo pur vasto del figurinismo militare, solo di recente alcuni reparti della RSI hanno trovato una rispondenza in linea con un buono standard, ma ancora oggi i soggetti più belli si contano sulle dita delle mani. Tra i più recenti, il figurino nato dall’iniziativa di alcuni amici del GMS (Gruppo Modellisti Scaligeri) di Verona nel maggio 2014 e presentato nell’ambito della prestigiosa Mostra Concorso Nazionale tenutasi all’ex-Arsenale austriaco di questa bella città. Primo passo il reperimento di documentazione più varia possibile, in modo da permettere allo scultore di lavorare senza intoppi. Poi, tramite i buoni contatti che si stabiliscono tra appassionati, si è incontrato Marco Pezzotti, uno dei “giovani leoni” italiani che stanno emergendo molto bene nel panorama degli scultori europei. E’ grazie alla sua mano che è stato realizzato un figurino molto valido e all’altezza di altre recenti “uscite” di soggetto italiano, di ottima scultura ed esatte proporzioni, nella popolare scala 54 mm. o se si preferisce in 1/32. La tecnica è quella consolidata del particolare stucco applicato a uno “scheletro” di filo di ferro, fino a ottenere una sorta di manichino da rifinire il più possibile. Cruciale la scultura del viso, che da solo può, e deve, dare carattere all’intero figurino, per intenderci, non deve assolutamente sembrare una statuina ma una persona vera, anche in dimensioni ridottissime. Tra l’altro lo scultore ha scelto una posa rilassata ma non troppo statica, lontana dal genere “fuoco e fiamme” e che permette tranquillamente di apprezzare i dettagli dell’uniforme. Ottenuto il cosiddetto master, ovvero il prototipo, lo si è dovuto affidare alle capaci mani di un altro amico, per lo stampaggio in serie. Una serie piccola, intanto, è vero, ma che non doveva prestare il fianco a critiche per la qualità. Per fortuna l’esperienza di quest’amico è tale che ne è uscito un figurino in resina praticamente all’altezza di quelli delle migliori marche in commercio, senza fastidiose bolle d’aria od incertezze sulla superficie. Per inciso, il figurino si può agevolmente modificare in modo da rappresentare anche altri reparti della RSI.
Ne abbiamo già realizzato uno, mostrato appunto a Verona nello scorso maggio, dipinto usando colori a smalto, quelli della veterana Humbrol, come base, ed una miscela di colori acrilici, quelli moderni e versatili della Model Color. Importante la pittura del viso, che deve essere ancora più accurata per dare il vero carattere al figurino. Altrettanto valida deve essere la scelta dell’ambientazione, semplice ma non banale, siamo partiti da una vecchia confezione in plastica dell’Italeri, stuccata e rifinita il più possibile, fissata ad una basetta circolare ed accompagnata da stucco per riprodurre il terreno. Pietruzze, erba da fermodellismo ed un rametto completano il piccolo scenario nel quale è stato posizionato il nostro ufficiale della Decima.
Chi avesse un minimo di “banca pezzi” nella stessa scala, potrà personalizzarlo ulteriormente, cambiando armamento e testa con relativo copricapo, basta un minimo di documentazione per scoprire quanto poco basti alle volte, per ottenere molto di più. Già utilizzare una nuova testa con elmetto, verniciato in verde o mimetico, ed equipaggiare il figurino con un fucile, italiano o tedesco, oppure con una Breda 30 italiana oppure una Mg 42 tedesca può rappresentare una marcia in più. I più smaliziati sapranno già che nell’estate del 1944 almeno un reparto, il Battaglione Lupo, ebbe anche un buon numero di mitra Sten inglesi, provenienti direttamente…. dagli aviolanci di materiale destinato ai partigiani. Altri, ancora più smaliziati vireranno verso il celeste delle uniformi di alcuni reparti paracadutisti, mentre in diversi casi i pantaloni potrebbero essere del tipo ricavato da materiale mimetico italiano (il telo tenda 1929, per intenderci).
Per chiudere, il figurino è stato apprezzato da molti, anche all’estero, e ci aspettiamo sviluppi positivi. E’ stata comunque una prova concreta di cosa si possa fare in sinergia tra appassionati di diversi campi. Nonché un’interessante esperienza sui processi che portano dalla semplice idea alla preparazione del semplice ma pur utile foglietto d’istruzioni, che abbiamo ambiziosamente stilato anche in inglese, all’avere un figurino vero e proprio che non è certamente di quelli troppo comuni.