Sturmgschutz IlI Ausf. G in Italia
di Andrea e Antonio TALLILLO
Dall’estate del 1941, nella quale s’incontrarono i T34 sul fronte orientale, i tecnici tedeschi non poterono sottovalutare il divario tecnologico presentatosi e diedero il via ad alcune iniziative che avrebbero dovuto risolvere la crisi. Si dovette ritirare man mano i Panzer III dai reparti in linea e data l’impossibilità di adattare le loro torrette ai pezzi da 75/43 si diede il via ad una più ampia produzione di cannoni d’assalto che avrebbero usato ancora una volta il già collaudato scafo. Motivi di praticità aggiunsero cosi’ sempre più importanza allo Sturmgeschutz III, come mezzo d’appoggio alla fanteria ma anche, sempre più, come semovente controcarro. Fu protagonista anche sul fronte italiano, restando poco ingombrante rispetto ai Panther e Tiger.
Apparizione e sviluppo
Al progetto di quello che risulterà in definitiva il più efficiente ed importante della lunga serie degli Sturmgeschutz III si cominciò a lavorare nella tarda primavera del 1942. La nuova versione era più di un semplice affinamento delle precedenti a "cannone lungo" : si distingueva per una nuova e più larga sovrastruttura, di migliore sagomatura balistica e sulla quale campeggiava una cupola munita di pratici iposcopi per il capocarro. L’armamento era ancora quello dello F/8 ma il più razionale cielo della casamatta ne permetteva un’ancora più agevole sostituzione. Lo scafo usato era quello del Pz III Ausf. L, privato però del portello d’accesso sinistro e con portelli d’ispezione del gruppo trasmissione del tipo già usato nei primi Stug. Il maggior spazio interno del vano di combattimento portò alla ristrutturazione delle riservette che ora ospitavano 54 granate. Divennero standard in poco tempo delle corazze supplementari da 30 mm, imbullonate o più raramente saldate, a maggior difesa della parte anteriore dello scafo.
La massa degli esemplari disponibili entrò in azione sul fronte orientale, nelle campagne del 1943 lo Ausf. G diede buona prova in 32 diversi reparti oltre alle unità minori e la produzione proseguì incorporando pian piano altri affinamenti, che ne aumentarono la già grande efficienza. In totale, sino alla fine del 1943, ne vennero prodotti 3.016. Il mezzo fu soggetto a molte modifiche di dettaglio e miglioramenti durante la produzione, questo si traduce per i modellisti nel dover prestare più attenzione, se si vuole avere una replica più realistica. Per fortuna la documentazione non manca….
Il reparto
La 1^ batteria dello Abt 242, con 4 mezzi (altri due li aveva persi in mare) era stata presente in Nord Africa, dove aveva riportato gravi perdite. Riequipaggiato in Germania nel marzo 1943 e trasferito in Italia nel giugno successivo, lo Abt 242 era stato aggregato alla 90 a Pz Grenadier Division che si stava formando in Sardegna, ma in autunno fu da essa separato. Nel novembre '43 fu avviato verso il Trasimeno e poi al fronte nel settore del XIV Pz Korps, venendo poi riorganizzato – metà febbraio 1944 - come B anche se non arriverà mai ai pieni organici (una batteria comando, ecc.) pur previsti. Operando assieme alla 15 a Pz Gren Division operò bene a sud di cassino; operò poi nella zona di Albano e sulla linea Gustav. Cinque Stug della 3 a batteria rinforzarono la 1 a Divisione paracadutisti all’interno di Cassino, mentre altri operarono nella zona a sud-ovest della cittadina. Il tremendo bombardamento del 15 marzo risparmiò solo lo Stug dello Oberwachtmeister Schumann, che continuò ad appoggiare validamente i parà con l’unica tattica possibile, restando nascosto fra le rovine di giorno ed uscendone di notte, finchè in aprile non soccomberà. Ai primi del maggio 1944, i resti della Brigade passarono alle dirette dipendenze della 1 a divisione paracadutisti, a potenziamento della loro difesa controcarro, con la 3 a batteria a guardia della Casilina e della line ferroviaria vicino a Cassino. Dal 11 combattè sulla Linea Senger, riportando pesanti perdite ma distruggendo numerosi carri avversari. A fine mese ad essa restavano in carico solo 18 Stug, quasi tutti inefficienti, e si dovette ritirare a nord di Roma.
Una Brigade- del tipo rinforzato nel 1944 - era costituita da una batteria comando, tre batterie – ciascuna su un plotone comando e tre plotoni di 4 Stug ciascuna, uno di essi con 105 mm, una colonna rifornimenti e l’officina mobile, per un totale di 45 Stug, 62 automezzi e 10 Maultier per le munizioni, 6 Famo e per il recupero, 2 Bergepanzer III e 525 uomini.
Mimetizzazione e contrassegni
Quella dei mezzi usati in Italia non si discostava troppo dalla norma, dapprima era previsto il solo giallo "europeo" (Dunkelgelb) sul quale in seguito apparivano chiazze nel solo verde oliva (Olivegrun) o marrone rossiccio (Rotbraun) oppure abbinate. Le insegne nazionali erano tre, sui lati e sulla parte posteriore, mentre l’emblema di reparto (uno scudo con due sciabole incrociate nere) era abbastanza diffuso, per via dell’alto spirito di corpo di questo tipo d’unità. Anteriormente posteriormente, comparivano lettere nere ad indicare le sezioni delle batterie (A, B e C per la 1^, D, E ed F per la 2^, e G, H e J per la 3^.
Gli Stug italiani
Nel maggio del 1943 al Regio Esercito furono forniti 5 Stug III G, inseriti nella 3^ compagnia del Gruppo Corazzato "Leonessa" della 1^ divisione corazzata "M" (Centauro II dal luglio 1943). Erano di costruzione Alkett e MIAG e per la mimetica non si discostavano molto da quelli tedeschi. Oltre all’insegna costituita dalla lettera M nera con fascio bianco su fondo romboidale blu, era presente – ma non sempre – il numero di costruzione (per esempio 92270, 95102) sui fianchi casamatta o sulla parte anteriore destra della stessa, verniciato in nero . Il mezzo con il 95102 aveva pure una piccola M graffiata sulla vernice, all’altezza della protezione del visore del pilota.
Il kit e la sua realizzazione
Quello proposto dalla Tamiya nell’estate del 1996 è ancora un buon modello, con molta attenzione ai particolari, superando i concorrenti nel riprodurre saldature e fusioni e proponendo un discreto equipaggio, che può dar vita già così ad una semplice scenetta. Non è proprio un esemplare di prima produzione come recitano le istruzioni, ma è comunque facilmente retrodatabile o migliorabile (a patto di avere alcuni pezzi supplementari e lavorando un pò di più). E’ insomma perfetto per chi, come noi, non intende più aprire un mutuo ogni volta per acquistare prodotti aftermarket ed affini. Ci si può ancora divertire con poco e di questi tempi è diventata pure una necessità. I lavori d’intervento non sono tantissimi e sono veramente alla portata di tutti. Stavolta Vi proponiamo un nuovo modo di parlare appunto di questi interventi, cercando di essere il più sintetici e pratici possibili. Cominciamo, come al solito, con la tavola A, dallo scafo :
1) Prima d’incollare la piastra supplementare da 30 mm, aggiungiamo un foglio di plasticard alla prua per rappresentare – una volta stuccata – quella di base da 50 mm, col pirografo aggiungeremo il segno della saldatura. 2) Il supporto del Notek (luce di guerra) è troppo semplificato e va sostituito con qualche pezzo Italeri, rifacendo la lamiera di supporto con del plasticard ed aggiungendo i bulloni anteriori di fissaggio. 3) La barra antischegge già presente davanti al visore del pilota va munita dei due incavi laterali e del segno della saldatura. 4) Quella già presente nella prima parte del tunnel che ospitava il gruppo del cannone va anch’essa munita del segno della saldatura. 5) Le piastre laterali anteriori della casamatta sono inserite nella sagoma, mentre devono spiccare. Basta aggiungere due lamine in plasticard tagliate ad hoc e circondarle col segno della saldatura. 6) Stranamente, manca dalla piastra laterale del vano del pilota la copertura conica del portello di sparo per armi individuali. Anche qui sarà d’aiuto la banca dei pezzi. 7) Anche attorno alla piastra inclinata anteriore della sovrastruttura vanno aggiunte le saldature. 8) Il cielo della sovrastruttura era sia saldato che imbullonato, mancano appunto la saldature sui quattro lati. 9) La zona giusto attorno al portellino scorrevole del cannocchiale va dettagliata aggiungendo i 4 bulloni mancanti, ricavati da altri modelli in disarmo. Non dimentichiamo di applicare i fori dei bulloni sulle cerniere della parte apribile (A). 10) La piastra verticale di supporto alla scudatura della mitragliatrice – quella usata per la difesa vicina del mezzo – va corretta con il segno della saldatura al cielo della sovrastruttura. 11) Il fermo per la chiusura del portello quadrato va riprodotto con del lamierino o con del plasticard, in modo che sia in scala. 12) Attorno alla cupola del capocarro va riprodotto il segno della saldatura al cielo della sovrastruttura. 13) I prismi di visuale andrebbero scavati; a volte le aperture dalle quali venivano alzati erano coperte per evitare l’infiltrazione di pioggia. Se i prismi non sono montati si deve scorgere nitidamente l’apertura (A). 14) Negli angoli posteriori della sovrastruttura vanno riprodotti i tipici incastri saldati tra le varie piastre. 15) I ganci di sollevamento laterali vanno completati coi segni delle saldature. 16) A sinistra dell’attacco per l’antenna sinistro (sul retro della sovrastruttura) va aggiunta una piccola piastra imbullonata. 17) Tra casamatta e prima parte del cofano motore va riprodotto il segno della saldatura. 18) Mancando gli attacchi della rete di protezione per le prese d’aria laterali (fotoincisa), essi sono d riprodurre con piccoli pezzettini di plasticard. 19) Gli attacchi per gli elementi dello scovolo sono migliorabili con pezzi fotoincisi o con del plasticard. 20) Il pannello posteriore orizzontale del cofano motore è privo del segno delle saldature. 21) Le piastre laterali dello scafo e la piastra inclinata del cofano motore mancano del segno delle saldature. Ricordiamo che gli esemplari di prima produzione quelli di produzione MIAG le avevano dritte, gli altri ad incastro. 22) Anche le piastre dello scafo nel settore inferiore mancano del segno delle saldature. 23) Le piastre dell’angolo posteriore mancano dei segni delle saldature. 24) La "coda" del retro è proposta senza traccia del condotto interno per l’aria, ma basta tagliare ad hoc una piastrina in plasticard (A) munita di fessura ed incollarla sotto alle quattro flange; su ognuna di esse applicheremo gli attacchi per la rete di protezione (B). detta rete è reperibile (fotoincisa) in una confezione a parte, a cura della stessa Tamiya. 25) In dettaglio, la disposizione della ‘coda’ e della piastra riprodotta col plasticard. 26) Riprendiamo con la Tavola B – Vanno stuccati i ganci in corrispondenza dell’unione dei pezzi, gli originali erano in un pezzo fuso ed imbullonato. 27) Alle estremità dei parafanghi vanno aggiunte le cornici, sottoforma di listelli di plasticard. 28) Gli attacchi per la fune di traino vanno riprodotti con pezzetti di plasticard. 29) Più oltre, va riprodotto il supporto del parafango sinistro, con un pezzetto cilindrico e con del plasticard, i bulloni sono ricavabili da vecchi scafi in disarmo. 30) L’attacco per la luce posteriore tipo ‘Notek’ manca della lamina di supporto e dei relativi bulloni. 31) Anche il supporto del parafango destro posto accanto alla casamatta va riprodotto nella stessa maniera del dettaglio 29. 32) Le marmitte vanno irruvidite nella superficie con una fresette (A), poi vanno aggiunti i due blocchetti (B) ed infine vanno riprodotte le saldature (C) attorno alle pipe di scarico. 33) Il gruppo del cannone necessita d’irruvidire le superfici della piastra verticale (A), delle saldature attorno alla scudatura (B) e di una buona stuccatura attorno alla canna (C), questo ovviamente se non avessimo una canna di ricambio in metallo tornito. 34) Leggere stuccature vanno applicate al freno di bocca, per renderlo più realistico – anch’esso deve sembrare in un pezzo unico.La verniciatura, trattandosi di una colorazione in tinta unica e ben conosciuta, non ha posto particolari problemi, sono bastate un paio di mani di Humbrol 83, appena corretto con una punta di Humbrol matt 30. Le decals sono di recupero, nel senso che abbiamo preferito usare pezzi sciolti piuttosto che intaccare il foglio del kit, tra l’altro non eccelso. Come realizzare il terreno lo sanno ormai anche i sassi e per l’invecchiamento non ci sono segreti, a parte usare una miscela di terre colorate ed applicarla senza esagerare alle parti più basse del mezzo, l’effetto migliore si ha procedendo in due riprese, prima con una miscela molto fine e chiara nella tonalità, che rappresenterà bene il fango secco, mentre successivamente applicheremo una miscela un pò più grumosa e scura, che farà da fango più fresco. Ovviamente, il fango secco dovrà essere più concentrato sui fianchi e sulla parte inferiore dello scafo, quello più fresco è più realistico che circondi le barre di torsione ed i rulli. I cingoli sono quelli della scatola, anche se sono in vinile sono di ottima qualità e basta al limite tenderli un pochettino perché si adattino meglio alle sospensioni. Buon lavoro !
Bibliografia : - Stug III - Sturm und Drang 2 – Sensha Magazine ottobre 1990 - Achtung Panzer n. 5 – Dai Nippon Kaiga - 1995 - Sturm Model Fibel 1 – Model Art – 1997 - Stug III G Walk Around – (Armor Walk Around n. 2 ) – Squadron Signal Publications 2001 Stug III Minimarket Un mezzo di successo come lo Stug III non può avere che una massa di prodotti dedicati. All’inizio la necessità era di sistemare i vari difetti degli stampi, ma con la comparsa dei vari kits di ultima generazione il punto è avere dei prodotti che possano perfezionare il realismo a livelli ‘da mostra’. Purtroppo per noi, oggi come oggi non è più possibile acquistare di tutto senza molto discernimento, col rischio di lasciare lì più di una confezione o di trovarsi con un modello che già abbia particolari più che ottimi. Questa è una ‘lista della spesa’ che sarà valida nel caso su E-Bay od in un mercatino modellistico ci si imbatta in prodotti riguardanti lo Stug III. Cominciamo con gli interni, in ordine alfabetico e non di comparsa : - Aires 3010 (vano guida e trasmissione) – CMK 3024 e 3052 (trasmissione) – Jaguar 515 – Tank Workshop 2036 – Verlinden 2087 - Motore : Calibre 35 006 (vano) e 019 – CMK 35021 – Verlinden 1113 (e trasmisisone) - Cingoli : CMK 179 – Dragon 3811 e 3821 – Friulmodellismo 04/05 e 27 – Modelkasten 3 e 18 - Armamento (canne tornite) : Aber L 58 – Elefant 426, 430 o 433 - Hot Barrels 2 – Jordi Rubio 46 - Munizioni : Aires – CMK 041 – Jaguar 8 – Tamiya ? – Verlinden 1141 - I fotoincisi si sprecano, ma riguardano più che altro i parafanghi e le schurzen. - Spessori corazzature : - Scafo anteriore 50 mm – Piastra inclinata 26 – Lati 30 – Retro 30+ 16 - Fondo 16 anteriore e 20 Posteriore - Scudatura pezzo 50+50 - Sovrastruttura anteriore 50 - Lati 30 + 9 - Retro 30 - Cielo 11/17 Uno degli Stug italiani, in esercitazione nel luglio 1943 a Sette Vene (Roma) , prima di essere ripresi in carico da unità tedesche. Uno dei 230 Stug III presenti in Italia nel luglio 1943. Qui siamo in Sicilia, con la HG Division, come testimoniano le tenute dell’equipaggio Mezzo di un reparto della Wehrmacht, parcheggiato tra gli alberi. L’equipaggio ha delle uniformi tropicali, adatte al teatro operativo italiano Zona di Salerno, 10 settembre 1943, un mezzo della 16 a Pz Division catturato. Era di costruzione MIAG come testimonia il numero 95219. Lo stesso esemplare rappresentato nel nostro modello, stavolta impantanato nel fango. Un tipico esemplare di prima produzione è quello ancora oggi conservato nella raccolta Henriquez di Trieste, purtroppo senza un restauro a fondo. La foto è degli anni ’70 mentre oggi il mezzo è stato ridipinto in un incongruo verde medio. GALLERIA