MANUALE DI MODELLISMO PRATICO
(Quarta Parte) Come realizzare e migliorare i modelli in scala 1/35 della Seconda Guerra Mondiale
di Andrea e Antonio TALLILLO
Effetti speciali e altro
Modelli, anche originali elaborazioni, che hanno richiesto molte ore di paziente costruzione, a volte sono soggetti a presentare una verniciatura e rifinitura insufficienti, che non trasmettono nessuna sensazione di realismo. Ancora, pur avendo lavorato bene, non tramandando l’abilità del loro costruttore, svelano, anche al profano, che alla fine, si tratta pur sempre solo di un modello.
Avendo speso tempo e fatica, è un vero peccato rendere poi vani i nostri sforzi con la mancanza di una sia pur minima e banale serie di “effetti” sulla vernice di base. Mettendo a frutto esperienza ed ingegnosità, ma anche fantasie e creatività, potremo rendere più reali i nostri corazzati, simulando i vari effetti più comuni dello stato di servizio ma anche i segni del tempo e degli elementi atmosferici. Man mano che prenderemo confidenza con un bagaglio minimo di tecniche, allora non importerà più che una scatola di montaggio sia stata prodotta in migliaia di esemplari, il nostro kit diventerà un pezzo veramente unico nel suo genere. Avrà un aspetto del tutto nuovo, quello di un mezzo usurato e che testimonia un duro periodo di servizio e la fatica dell’equipaggio, in trasparenza, come in un ideale riassunto, ci si vedrà guardare un pezzo di storia riassunto meglio che in un libro.
L’evoluzione delle tecniche di verniciatura è stata enorme ed esse sono ora più complesse, ma di sicuro effetto, con un realismo spettacolare. Una buona sequenza comprende colorazione base e velature ad aerografo, dry –brushing e fusioni di colore a pennello.
Senza una patina d’invecchiamento, ma forse è limitativo chiamare così tutto un assieme di varie tecniche, nessuna verniciatura potrebbe conseguire risultati veristici, facendo assomigliare i toni dei nostri modelli ai moltissimi apprezzabili nelle foto storiche e dare notevoli soddisfazioni.
Gli Autori
1 – VELATURE E DRY-BRUSHING
La superficie non va trattata con uniformità, anzi va “rotta” con colori diversi fra loro, lasciando intatte alcune zone e più opache altre. Ovviamente colori e tecniche cambieranno secondo l’ambientazione ed il deterioramento tipici dei vari teatri operativi, genericamente il colore dovrà essere schiarito sulle superfici superiori ed alterato nella tonalità in altri punti.
Applicheremo degli strati di pittura ad olio, come Bianco, Terra Bruciata e Giallo chiaro, con un pennello a setole dure e corte, restando leggeri e con piccoli movimenti circolari, senza picchiettare; la quantità di colore ci verrà suggerita dal confronto con il modello, e lo scuriremo o schiariremo a seconda delle necessità. Potremo darne un pò di più nelle zone più esposte come rilievi, portelli, rulli di scorrimento.
Per i colori chiari come il grigio od il giallo-sabbia, con un pennello grande, e senza esagerare, applicheremo strati di pittura marrone o nera, molto diluita, nei punti più idonei. Con leggeri e veloci tocchi di pennello, si distribuiscono sul mezzo dall’alto verso il basso, più intensamente sul treno di rotolamento. Essa tenderà ad accumularsi negli angoli ed attorno ai dettagli in rilievo, marcandone benissimo le ombre, e si potrà togliere l’eventuale eccesso con la punta del pennello, basta che non si vedano segni e che il colore di base resti visibile in trasparenza. Può andare benissimo anche una tempera extra-fine, color seppia o marrone chiaro, passata a larghe pennellate su tutto il modello, e lasciata asciugare per circa mezz’ora, lavando quindi il modello con uno straccetto morbido, ben inumidito, togliendo l’eccesso di tempera. Se l’operazione è stata condotta bene, cioè senza aver lavato troppo né troppo poco, a lavoro ultimato il modello risulterà coperto da una leggera patina più scura, già un pò più annidata in tutte quelle parti difficilmente raggiungibile come gli interstizi e gli angolini. Se lo stacco fra la velatura ed il colore di base resti ancora troppo netto, niente paura ! La tempera, solubile in acqua, è ritoccabile od asportabile del tutto, per ripartire con l’applicazione senza sciupare la vernice sottostante.
Le lumeggiature sono usabili allo scopo di schiarire progressivamente una tinta base di tonalità media, sovrapponendo strati della stessa tinta, schiarita con colori luminosi come il bianco od il giallo, su di una superficie ridotta e sfumandoli. Il colore di fondo deve essere perfettamente asciutto prima di ogni applicazione, così anche per gli strati successivi. Con la tecnica inversa si realizzano le ombreggiature, partendo sempre da una tinta di fondo a tonalità media e sovrapponendo strati della stessa tinta di base miscelata con colori scuri come il grigio, il nero, il blu o il marrone.
Finendo così, avremo un modello abbastanza ricco cromaticamente, ma ancora uniforme e con molti dettagli ancora non ben definiti. L’uso del dry-brushing o pennello asciutto è dimostrato sia quasi insostituibile per i ritocchi finali, quale che sia la tecnica con la quale si è data la tinta di base. Si aspettano 24 ore d’asciugatura e si parte, usando sempre colori a contrasto, per esempio marrone mescolato col bianco, ma non usando bianco puro, per un giallo sabbia. Con un pennello piatto, prenderemo con la punta del pennello, preferibilmente piatto, una piccola quantità di miscela che asciugheremo parzialmente su di uno straccetto o fazzoletto di carta sino quando lasci appena una traccia; poi strofineremo col pennello le sporgenze, velocemente e decisamente, cercando che resti il bordo chiaro e nitido, e che la miscela non vada mai oltre i bordi per non sporcare. Le prime volte ci sembrerà di non dipingere, in realtà restano piccoli depositi di vernice che lasciano apparire il colore di base ed i rilievi contrasteranno rapidamente con esso.
Su di una colore scuro come uno dei vari verdi usati nel periodo, intraprenderemo il procedimento contrario, per schiarire i bordi e far risaltare i dettagli come sporgenze, maniglie e così via. Applicheremo una miscela di ocra e bianco, badando di strofinarla anche sulle eventuali parti curve, ove arriva più luce. Il colore ocra si può graduare anche con rosso o giallo. Tutte le miscele devono essere fatte su di una superficie separata dal modello, sul quale si interviene una volta trovato il tono giusto. Non si deve insistere su di una zona già trattata, sino a che non sia totalmente asciutta. Anche qui, è questione di pratica e ben presto avremo risultati più incoraggianti.
2 - INVECCHIAMENTO
Il termine si riferisce ai vari procedimenti che ci consentono di rendere un modello “vissuto”: con il materiale adatto, un pò di buon senso e le tecniche appropriate si potranno rendere sempre più veri i nostri modelli. Si è portati a completare i modelli nella maniera quasi perfetta, la realtà era ben diversa, la sola azione degli agenti atmosferici sui mezzi, specie sulle superfici superiori, rovinava abbastanza la vernice, che veniva a schiarirsi ed a perdere consistenza. E’ vero che i corazzati, essendo usati sul terreno, vengono a rovinarsi ben presto ed anche se non avessero partecipato a scontri avranno molte volte un aspetto vissuto. Paradossalmente, dovremo prima riprodurre efficacemente un mezzo al suo meglio, per poi passare a “rovinare” il tutto, ma con metodo. Logorare, per gradi, la verniciatura dei nostri modelli è un aspetto essenziale del loro realismo, essendo l’invecchiamento una tra le prime cose che nota sia un osservatore occasionale che un giudice in un concorso; se costruissimo solo carri puliti avremmo solo mezzi in parata o appena usciti di fabbrica, oltre a divertirci molto di meno. Sia come sia, abilità e gusto del modellista medio convergono da tempo verso carri operativi, che siano magari parte attiva in una scena ben precisa. Con lo sporco si può anche nascondere a volte qualche imperfezione, che in uno troppo nuovo resterebbe visibile. Per riprodurre il logorio di ogni giorno, consideriamo prima attentamente la zona d’impiego di un corazzato, per esempio sul fronte russo, con poche strade vere e proprie, il fango d’autunno e la polvere d’estate erano la regola ed un mezzo sarà così quasi sempre sporco od infangato, sino all’inverosimile. Invece un corazzato impegnato nella lunga campagna d’Africa più comunemente avrà la vernice “cotta” dal sole ed incrostata di sabbia, ma niente fango se non in circostanze eccezionali. Altri corazzati, ma solo in certi frangenti, come quelli alleati forniti ai sovietici ma affondati con i convogli diretti a Murmansk, o per esempio gli ultimi panzer prodotti nel 1945, pur avendo un minimo di storia operativa non ebbero neanche il tempo di rovinarsi più di tanto.
Prima di tutto, si deve avere un’idea chiara dell’aspetto complessivo che deve avere il nostro modello, a seconda del grado d’usura. Bisogna tenerne conto sin dalle prime fasi della colorazione, usando tinte opportunamente cambiate, più scure o più chiare, a seconda dei casi. Cosi, i successivi interventi per riprodurre i segni delle intemperie o delle battaglie non appariranno falsi ed artificiosi. L’osservazione attenta delle foto storiche e, se possibile, di mezzi veri ci servirà molto come riferimento, ma ci aiuteranno anche buon senso e fantasia, perché i materiali più impensabili ci aiuteranno ad avere risultati più che buoni, facendoci risparmiare tempo e fatica. Per gli automezzi, un piccolo grado di difficoltà in più viene dalle parti in legno dei cassoni e dalle eventuali parti in tela, che non possono rimanere troppo “belli” se il resto del veicolo è rovinato.
Logicamente, una verniciatura pulita e precisa del mezzo reale diminuisce man mano che esso venga usato in combattimento o resti in servizio al fronte per lungo tempo. La vernice non restava intatta a lungo, soggetta a diversi elementi che la intaccavano, per primi sole e pioggia, che contribuivano a schiarire i colori ed opacizzare le superfici, nel primo caso potevano indebolirla sino a farla staccare, a scaglie. Si applicherà sul colore di base un pò di opacizzante o, nel secondo caso, della polvere color giallastro o rossastro, che darà la parvenza di una superfici scolorita, opaca ed impolverata allo stesso tempo. Una vernice sbiadita la si ottiene anche sovrapponendo colori di varie tinte, enfatizzando in certi punti con piccole dosi di bianco, applicate con movimento raschiante, con un pennello a peli duri e tagliati molto corti. Il colore di base comunque dovrà restare visibile, almeno sulle parti laterali.
Anche l’effetto della pioggia è facilmente riproducibile, si tratta di verniciare le zone dove si vuole simulare il bagnato, con vernice lucida trasparente, semmai è un pò difficile dare loro forma ed estensione credibili, le chiazze dovranno bagnare le pareti verticali, allungarsi seguendo le inclinazioni delle piastre, verso il basso, sgocciolando su di un eventuale piano inferiore.
L’ossidazione è un altro aspetto importante, quella più recente è di un rosso giallastro chiaro e diviene scura col passare del tempo, si ottiene con una miscela di base a smalto (4 parti di rosso, 3 di giallo e mezza di nero) o Terra di Siena (ad olio) sulla quale, bene asciutta, si applicano tonalità più chiare (arancio e giallo, molto diluiti) in modo discreto. Picchietteremo la miscela sulle zone interessate, togliendo eventuali eccessi ed aggiungendo poi acquaragia per sfumare i contorni di macchie troppo evidenti. L’effetto è migliore se le parti arrugginite saranno più granulose ed opache del resto, alla vista. I punti più soggetti sono anche quelli che presentano spigoli, o gli angoli nascosti, seguono gli scarichi ed alcune parti del cofano motore, cingoli ed attrezzi. Per i dettagli veramente piccoli come bullonature, portelli, parti saldate e così via, useremo un pennello sottile, facendo attenzione a non esasperare l’effetto. Nel deserto, la ruggine era generalizzata perché la mattino la condensa d’acqua sui mezzi li ossidava rapidamente nelle parti in banale metallo o lamiera. In breve tempo, il calore asciugava totalmente l’acqua, lasciando sulle superfici una ruggine marrone scuro. Attenzione a non cadere nella moda della “ruggine ad ogni costo”, chiazze estese di ruggine sono la prerogativa di mezzi abbandonati da lungo tempo, fermi o danneggiati, un mezzo operativo non deve averne più di tanto.
Un effetto generico di scoloritura o ruggine può essere riprodotto anche con l’uso delle matite ad acquerello, su verniciature opache, altrimenti scivolerebbero senza lasciare traccia. Con esse, scorreremo sulle piastre con linee verticali molto ravvicinate, cominciando da tonalità più chiare rispetto al fondo. Nel caso siano più utili linee più grandi, basta che le matita abbiano la punta non troppo fine. Se le linee risultassero troppo marcate, le ripasseremo con le dita.
Teniamo presente che l’anticamera della ruggine sono le scrostature, specie su superfici “deboli” come le lamiere di un parafango, riproducibili mediante processi piuttosto semplici. Anche una vernice nuova si segnava pian piano, nelle parti soggette a sfregamento (cerniere, maniglie, portelli di frequente apertura nel cofano motore) o calpestamenti e passaggi frequenti come quelle d’entrata ed uscita dell’equipaggio. Le aree di vernice scrostata mostreranno ovviamente o l’antiruggine (minio) od il metallo sottostante, le segneremo, a modello appena completato ma non verniciato, con una matita. Queste zone che ci interessano sono da dipingere preventivamente con delle tinte opportune, a seconda dell’effetto desiderato. Per il minio, va bene un rosso spento od un marrone molto rossastro, se vogliamo far scorgere il metallo, se chiaro può andare bene una miscela al 50 % di argento e bianco oppure un buon alluminio, per un metallo scuro una base di colore grigio, trattato con un lavaggio in grigio chiaro su eventuali parti in rilievo e poi ripassato con un po’ di grafite, che applicheremo con uno straccetto, strofinandola. Esistono inoltre smalti in una buona gamma di metalli, compresi quelli bruniti. Attenzione a non coprire troppo, usando piccoli colpi di pennello più che stendere il colore. Mentre la prima verniciatura si asciuga nei punti preparati, ci segneremo la loro esatta dislocazione con uno schizzo. Procederemo poi con la verniciatura, badando di aspettare un’essiccazione perfetta delle superfici, prima di scrostare leggermente col cutter sui punti di cui sopra, ottenendo realistiche lievi scrostature. Per avere delle zone scrostate più ampie o più a fondo, copriremo le aree interessate con il Maskol o paste similari e le verniceremo, per poi , dopo circa 20 minuti, portarle di nuovo allo scoperto asportando la pellicola con una gomma da cancellare o del nastro adesivo, il risultato sarà altrettanto convincente.
Per i gas di scarico e le macchie d’olio o carburante, ci sono diversi semplici e realistici metodi per riprodurli in scala. Del nero opaco, opportunamente diluito, si può facilmente applicare, basta spremere il pennello intinto nel diluente in un piccolo recipiente e poi incorporarvi poche gocce di nero, ottenendo una soluzione molto diluita. Ne useremo meno di quel che si pensi, a piccole pennellate per evitare di trovarsi con macchie dai contorni netti, che non saranno realistiche. Solo nel caso di motori diesel ci è concesso quasi di largheggiare nelle dimensioni della parte da scurire. Studiando qualche foto capiremo che l’andamento dei fumi di scarico è variabile e caratteristico per ogni diverso tipo di scafo. In alternativa al pennello, si può usare una miscela marrone /grigio scuro o nero lucido con l’aerografo, in entrambi i modi il nero può essere accentuato per riprodurre il graduale accumularsi dei residui carboniosi. Per le tracce di carburante, si applica del marrone dorato sui bocchettoni di rifornimento e/o attorno al portello che lo copre, ci possono essere anche delle colature verso il basso, ma non esagerate, una goccia in più potrebbe essere troppo. Se le perdite di olio o carburante fossero meno visibili perché poi coperte dallo sporco o dalla polvere, si può accentuarne la semilucidità con un’apposita vernice applicata con la punta di un pennello, in modo che ancora spicchino sul colore di fondo. Per i fumi dovuti allo sparo, è utile far entrare in gioco l’aerografo, attorno al vivo di volata dei cannoni ed alle postazioni delle armi leggere di bordo, con del nero opaco molto diluito, sempre più sfumato man mano che ci si allontana dalle armi.
La cingolatura pone più problemi perché dovremo fondervi alcune tecniche sulle varie parti, per poi sporcarla, a volte intensamente. Per prima cosa si colorano eventuali zone arrugginite usando una miscela apposita – marrone rossastro scuro con un pò di arancione. A colore ancora umido, passeremo pennellate color acciaio lungo le superfici esposte interne e su quelle interne. Lasceremo asciugare, rifinendo con piccole quantità color alluminio, a pennello asciutto, le parti che vengono spesso a contatto con le ruote motrici, i rulli e la ruota di rinvio. Un suo buon sostituto sono le matite, sottoforma di una delle molte gradazione delle matite pastello della Carisma, passata in alcuni punti. Se il cingolo prevedesse parti in gomma, il pennello asciutto verrà usato con grigio medio o marrone. A seconda dell’usura e del colore del terreno. Per i mezzi ruotati, vediamo di non usare mai il nero per i pneumatici ma sfumature di grigio anche se le gomme sono nuove, cercando di far risaltare il disegno dei copertoni, schiarendo per contrasto le parti sempre a contatto col terreno. Per i nostri “ruotati” ambientati sul fronte russo o comunque in inverno, un tocco di realismo è anche l’effetto dei vetri appannati o ghiacciati, ottenibile prima raschiando il retro dell’acetato con carta vetrata sottilissima, finchè non otterremo una superficie biancastra
3 – POLVERE, SPORCO, FANGO
Quella specie di patina depositata sui carri operativi, in misura variabile secondo i fronti e le circostanze climatiche, era composta dalla semplice polvere o da sporco generico o da vere e propri incrostazioni di fango.
La polvere è presente ovunque non piova per certi periodi, perciò anche in Italia meridionale o nelle steppe russe. La sua coltre si deposita sull’intero veicolo e sull’equipaggio se esso rimane esposto, vento ed altri fattori possono rimuoverla ma mai completamente, perciò essa rimane negli angoli, fessure e fenditure, su alcune superfici sino ad un’eventuale pulizia a fondo, la polvere sollevata in movimento era visibile sul mezzo stesso in maniera decrescente, dal basso verso l’alto. Con un pò d’esperienza, svilupperemo una nostra particolare tecnica, in questa sede possiamo parlare delle più comuni e pratiche, con descrizioni indicative; ogni tecnica può essere modificata, anche di poco, ottenendo comunque risultati positivi. Non ci sono regole rigide, purchè il risultato sia realistico ogni metodo che funzioni sarà quello giusto. Per la polvere, un lavaggio efficace può essere nulla più che vernice diluita passata sulle superfici, con accumuli negli angoli e parti interne, accentuati attorno ai rilievi ed ai dettagli. I colori acrilici potrebbero essere validi, ma una volta asciutti possono anche risultare d’aspetto gessoso e poco realistici, invece alcuni smalti, esistono tonalità adatte come quelle giallastre e rossastre, se ben diluiti ed adoperati funzionano meglio. Per evitare un’irreale uniformità, la gamma dei colori può essere ampliata, la scelta dipende dalla nostra esperienza ed immaginazione, purchè si ottenga un risultato plausibile. Ma il top sono i colori ad olio, prepareremo il colore per l’applicazione mescolandone in piccole quantità, per riprodurre polvere e sporco assieme la tinta sarà appena più scura del colore di base. Useremo un pennello largo e morbido, al quale avremo tagliato le setole a metà lunghezza, applicando il lavaggio a parti ben definite del mezzo ed abbastanza grandi come il cofano motore, i lati dello scafo e della torretta. Se lavorassimo solo su piccole aree, il risultato sarebbe, visivamente, una serie di chiazze irregolari di vernice. L’operazione può essere ripetuta su aree diverse da quelle tratta e per prime, variando il colore e la diluizione. Gli eccessi possono essere tolti con un fazzolettino di carta, badando a non tirare via pure glia accumuli che devono restare, se non fossimo soddisfatti si può tirare via la tinta quanto si vuole, per poi ricominciare. Un altro approccio è l’uso delle tempere fini,
l’unico inconveniente è il tempo d’asciugatura più lungo, mentre la consistenza è pari a quella di un buon acrilico, ma una volta asciutte sono leggermente satinate. Qualsiasi tipo di vernice usassimo per il lavaggio, avremo cura nel non esagerare, il contrasto fra vernice di fondo e dettagli, che al momento ci sembrasse insufficiente, con l’asciugatura prenderà una piega più giusta. Per effetti di polvere più densa od incrostata, si possono usare terre di colorificio o polveri, già esistenti in varie tonalità e già vendute in confezioni, sparse prima che la tinta di base del modello sia del tutto asciutta con un vecchio pennello o strofinate, ma sempre dolcemente o potremmo rovinare la verniciatura . Partiremo dal centro di una superficie, lavorando verso i bordi e lasciandone un pò di più in angoli e fessure, se lo strato risultasse spesso, soffiamolo via e guardiamo di nuovo, ripetendo se necessario il procedimento. Le conserveremo in piccoli contenitori, come quelli dei medicinali o rullini fotografici. I pastelli da artisti hanno varietà di colore quasi come le vernici, ma i più utili sono bianco, nero, ocra, Terra di Siena, Terra di Siena bruciata e così via. Dopo averli trasformati in polvere, con la carta abrasiva od un cutter, sono mescolabili fra loro per ottenere varie nuove tonalità, ed applicabili con un pennello soffice. L’effetto della polvere incrostata è facilmente riproducibile picchiettando contro un nostro dito il pennello intinto nei pastelli sciolti, tenendolo poco distante dal modello la polvere vi si poserà naturalmente. Useremo sempre lo stesso pennello per i pastelli, perché col tempo si rovinerà un pò. Un grosso svantaggio dei pastelli è che non durano, a volte non è applicabile regolarmente il normale fissativo per disegni e le zone trattate con loro vengono così a perderli col tempo, maneggiando il modello o pulendolo dalla polvere, o quando bisognerà pulirlo dalla polvere, quella vera. L’accumulo di polvere, specie sulle parti inferiori, può essere efficacemente riprodotto con l’uso del pennello secco attorno a piastre e cingolatura.
Un parabrezza molto impolverato è messo in maggior evidenza dalle lunette pulite dalla “corsa” dei tergicristalli, in modo più o meno marcato. Dopo la verniciatura del frame, basterà coprire interamente il pezzo con dello scotch. Si punti un balaustrino a punta fissa sul perno di ogni tergicristallo, regolandone l’apertura sul raggio esterno e, ruotando di 180°, si incida lo scotch. C’è ora da ripetere la medesima operazione, regolando questa volta l’apertura del balaustrino sul raggio interno del percorso che compie la spazzola. E’ consigliabile ruotare più volte, incidendo un po’ per volta, piuttosto che premere forte, col rischio di segnare la plastica trasparente del parabrezza. A questo punto si dovrà togliere la parte di adesivo che non occupa il percorso delle spazzole, la parte esterna praticamente, lasciando protette le due lunette. Applicheremo un pò di colore molto diluito, se usiamo l’aerografo teniamolo ad almeno 30 cm., togliendo poi lo scotch che copre i piccoli semicerchi risulterà che le parti bagnate dal fissativo saranno velate come da un leggerissimo strato di polvere.
Per riprodurre lo sporco, si può usare una tecnica a dry brushing o pennello secco, per un buon effetto i fattori chiave sono la quantità di vernice sul pennello e la sua consistenza. Se ce ne fosse troppa lasceremo delle macchie sin troppo visibili, se ne avessimo presa troppo poca alla fine il pennello lascerebbe quasi nulla. Faremo delle prove su di un pezzo di plastica dipinta od un vecchio modello, facendo pratica. Il realismo diventa buono insistendo attorno ai particolari, ma può anche succedere che una prima passata risolva molto. Non temendo di sperimentare, con la giusta quantità di colore ed andando con calma, zona per zona, avremo un risultato corretto cioè una morbida graduazione di colore. Si possono usare diversi tipi di vernice, ma per averla più facilmente vanno bene i colori ad olio, applicandoli con riguardo alle zone dove più probabilmente si accumulava lo sporco, come la parte anteriore e laterale del mezzo. I colori ovviamente cambieranno di tonalità da un modello all’altro, secondo le ambientazioni, una buona partenza può essere una variante leggermente più chiara del colore di base. Ad asciugatura avvenuta, esaminiamo il modello, potrebbe occorrere un’ulteriore passata sui dettagli sporgenti, con una miscela più chiara. Il passo successivo può essere ripetere il trattamento, ma con un colore terra, anch’esso schiarito per gradi, da applicare in pezze irregolari tenendo a mante che lo sporco viene a prevalere nelle parti del mezzo più vicine al terreno. Un altro metodo è usare del colore, una quantità più o meno grande di nero, marrone, grigio, su di un tampone fatto con uno straccetto, ma ricordiamoci che nel tentativo di riprodurre uno sporco incrostato occorre farlo “in scala” e stando attenti al diluente, se ce ne fosse troppo si corre il rischio di sciogliere lo strato di vernice sottostante.
I nostri modelli non possono mancare di essere pure infangati, per avere parte del loro “appeal”. Può essere di diverso tipo, a seconda se è abbondante, secco od umido, scarso, i soli schizzi, e naturalmente consistenza e colore varieranno secondo i terreni nei quali il mezzo opera. Anche il suo posizionamento è importante, prima ancora di cominciare pensiamo bene a dove applicarlo, non possiamo farlo a caso. Durante il passaggio del mezzo il fango sarà gettato verso l’indietro e verso l’alto, dopo la cingolatura il fango tenderà ad incrostarsi non solo sul fondo dei mezzi, a volte trascurato dai modellisti, sui fianchi del mezzo, aumentando nella parte posteriore, sul muso dello scafo, se non sul fronte della torretta in alcuni casi. Gli spruzzi stessi saranno più radi sfumati man mano che saranno più lontani dal treno di rotolamento. Comunque, anche in casi estremi, tipo sul fronte orientale, cerchiamo di non eccedere nel rovinare col fango l’aspetto dei nostri modelli perché il troppo stroppia ed in scala un mezzo carico di troppo fango parrebbe veramente appena estratto dalle sabbie mobili. Una tecnica vecchia ma sempre valida è usare smalti Humbrol, scegliendo tra alcuni marroni e tra al serie di colori per paesaggi e magari con barattolini vecchi, con poco colore. Intingiamo nel barattolo cercando sul fondo, in modo da avere un colore abbastanza denso e pastoso. Si procederà al trattamento del mezzo operando nelle zone dove si può addensare di più il fango, preparando una miscela in discreta quantità, anche per la parziale in fangatura di parti come parafanghi ed i loro interni. Se la miscela è ben omogenea andrà a riunirsi in particolare nelle zone incise, passare uno straccetto subito servirà a toglierne l’eccesso. In alternativa agli smalti, si possono anche usare colori acrilici, con un pennello di medie dimensioni che renderà buoni servigi. Per evitare un aspetto troppo semplicistico, variamo pure il colore di base marrone chiaro aggiungendo piccole quantità di marrone o marrone-grigio qua e là.
Per un fango, sempre secco, presente più in quantità basta mescolare un pò di colore a smalto khaki chiaro a terra colorata e colla vinilica, in modo che si formi una poltiglia abbastanza densa. Anche uno dei vari prodotti per fermodellismo, mescolabili con acqua e colla vinilica e colorabili con smalti od acrilici saranno d’aiuto. Procederemo un pò come fanno i pittori con la tavolozza, unendo gli elementi un pò alla volta. Un pennello a punta tagliata servirà ad applicarla, quanta più terra colorata sarà presente, più l’impasto manterrà lo spessore desiderato anche dopo l’essiccazione. L’impasto andrà distribuito con logica, non sarà mai troppo nelle zone interne del cingolo che toccano i rulli di scorrimento, sarebbe spinto da essi verso l’esterno, ma ce ne sarà sui bordi ruota anche se dovrà trasparire la parte gommata, anche se poco. Il pennello conviene usarlo a mò di spatola, per accumulare la miscela ove necessario per il treno di rotolamento, per tutte le altre parti impiegheremo il pennello perpendicolarmente, picchiettandolo sulle superfici da ricoprire. Se la miscela dovesse risultare meno ricca del dovuto, basta intervenire in un secondo tempo, picchiettando nuovamente il pennello in una mistura più carica. Questa seconda passata permette sfumature diverse e servirà a raccordare la parte “sporca” a quella non trattata, in modo da non avere uno stacco netto tra esse. Per un terreno argilloso useremo del bruno dorato, poi una velatura con marrone scuro e per finire, a pennello asciutto. Per una miscela più scura, si può usare una miscela di colori a smalto marrone cioccolato e marrone 62 Humbrol oppure del Terra di Siena ad olio, aggiungendo poi a pennello asciutto nel primo caso solo del Matt 62una tinta più chiara ed in alcuni punti piccole dosi di bianco non diluito. Per una ancora più chiara, un realistico fango in parte essiccato, si può aggiungere alle miscele di base una seconda di smalto giallo sabbia e bianco, applicandola più verso l’alto rispetto alle zone principali trattate prima. La sovrapposizione di almeno due tipi di fango, più o meno fresco, se ben dosata fa un bellissimo effetto e per un raffinato tocco di realismo non sarà male anche aggiungere ciuffi d’erba al fango più fresco. Solo però quando la miscela di base sarà completamente asciutta si deciderà se è il caso di aggiungerne dell’altra, in una qualche zona che sembri averne bisogno. In ogni caso, per qualsiasi miscela, cerchiamo di realizzarne sempre in quantità adeguata alle varie nostre necessità, sarebbe molto difficile farne una nuova con lo stesso bilanciamento.
Il fango appena attaccato al mezzo, bagnato, è notevolmente differente, compatto ed uniforme aderisce pesantemente alle superfici, con un aspetto “morbido” privo di ogni spigolosità. Il sistema d’applicazione è quello citato, ma con molta meno terra colorata e con l’accorgimento di rendere la miscela più scura aggiungendo al Khaki drill del Tan Hu 9 e passando poi le parti trattate con vernice trasparente lucida, con essa si ottiene l’effetto bagnato anche sul resto del mezzo, magari aggiungendo colature e rigature. Una buona miscela “leggera” può essere fatta con le tempere, con 5 parti di Terra di Siena naturale, 3 parti di bianco, 2 parti di blu o verde, se tendesse un pò troppo al rosso va corretta con bianco ed azzurro, se restasse troppo grigia basterà aggiungere un altro pò di Terra di Siena naturale.
Nei mezzi ruotati, gli schizzi di fango non sono molto difficili da realizzare, solo c’è da situarli bene e con un andamento realistico. Tenendo conto che sono le ruote del mezzo stesso a provocarli e che i parafanghi, proprio perché tali, limitano almeno in parte l’infangatura; come mezzo per eseguirli, è sufficiente avere a disposizione un vecchio pennello, col pelo mozzato a metà circa della sua lunghezza e della vernice khaki chiaro, diluita con acquaragia, nel quale intingerlo con cura, ponendolo vicino alla ruota che si presume abbia provocato gli schizzi, facendo in modo di provocare una pioggia di minute gocce, che avranno un andamento del tutto realistico sulle parti interessate.
Nel risultato finale, anche se una parte non indifferente la farà la nostra inventiva nello sperimentare nuove tecniche, una visita ad un vicino cantiere, con qualche minuto speso ad osservare una ruspa cingolata saranno più utili che decine di spiegazioni sull’argomento.
Una volta perfettamente “rovinato” il modello, non resta che disporlo su di una base, cercando di armonizzarlo col terreno rappresentato, la prima cosa da non dimenticare è che, tranne che per alcuni terreni rocciosi, ogni mezzo lascia tracce del suo passaggio, sia di ruote che di cingoli, ovviamente diverse secondo il tipo di terreno ed accompagnate da quelle dell’equipaggio se è smontato. Per la cingolatura, è consigliabile adattarla anche aggiungendo nelle parti interne e negli incavi delle maglie terra ed erba sintetica da ferrmodellismo, oppure neve o fango se del caso. Le parti esterne in rilievo non possono essere logicamente coperte, quelle in incavo sì.
4 – GLI ACQUISTI
Chi pratica il modellismo da anni ha già sviluppato una sua rete di contatti e “fornitori” usuali, mentre chi si avvicina al nostro hobby non ha praticamente molte informazioni. Volendo fare i consumatori intelligenti, lontani dagli imputs passeggeri della grande distribuzione, potranno essere utili alcune note per indirizzare chi non sapesse bene come, e soprattutto dove, acquistare un modello. Tutto sarebbe più facile se diverse ditte non avessero per filosofia una cadenza di uscite piuttosto elevata, sfornando un gran numero di nuovi modelli, senza curarsi di quelli che esistono già, usciti pochissimi anni prima ed anch’essi praticamente nuovi.
I grandi negozi specializzati hanno rappresentato per anni una specie di paese del Bengodi, ove si trovava veramente un pò di tutto, ormai ne sono rimasti pochi e nonostante tutto trovare “di tutto e di più” per il non troppo esperto porta ad un disorientamento, col rischio incappare in kits troppo complicati rispetto alle proprie capacità. I negozi che vendono per corrispondenza o tramite Internet sono ancora validi ed utilissimi, specie per chi abitasse in provincia, che eviterà così maggiori spese, mentre sono ancora presenti, specie nelle città minori, i normali negozi di modellismo che però ormai non possono tenere molto sugli scaffali, proponendo così una rosa ridotta di scelte.
Nel corso delle nostre frequentazioni modellistiche, avremo sempre notizia di kits un tempo molto noti ed ormai scomparsi dal mercato. A causa delle alterne vicende commerciali del nostro piccolo mondo in scala, che hanno visto fusioni e trasformazioni o fallimenti, diverse marche sono entrate e poi uscite dal mercato a volte dopo poco tempo. Le marche “storiche” apparse a volte come meteore hanno un alone di mistero e magia tipico delle cose rare e ricercate. I più infatuati sentono a quel punto di non potere fare a meno di quel “insostituibile oggetto del desiderio” ed entrano in un tipo di collezionismo che può raggiungere quotazioni veramente elevate nel caso di vere e proprie rarità. Per chi ha già molti kits ed è caccia di rarità, è ancora possibile trovare, in piccoli negozi di giocattoli, dei fondi di magazzino, a prezzi a volte minori rispetto al mercato. Ovviamente, le scoperte richiedono metodiche ricerche e grande pazienza nel setacciare i negozi potenzialmente validi. Un’altra fonte di kits vecchi e/o rari, in genere a costi accettabili, viene dai mercatini annessi a mostre e concorsi modellistici, nei quali si riversano, per molte cause, a volte consistenti quantità di kits doppi o surplus di varie persone, ancora intonsi. Qualche minuto trascorso tra i banchetti di uno di questi mercatini, e l’orologio si sposta indietro di 25 anni, il vero miracolo è che chi sta dall’altra parte conosce a menadito vita, morte e miracoli dei suoi kits, offrendo competenza e disponibilità almeno pari a quelle di un negoziante.
Ci sono altri metodi più laboriosi e di non certa riuscita. Il più fruttifero, ma rischioso, è l’acquisto da privati, ne vale la pena purché i prezzi siano ribassati tra il 75 ed il 50 % rispetto a quelli correnti.
Anche per gli acquisti, comunque, le Associazioni possono essere un validissimo punto di riferimento, sia per avere in anteprima consigli su cosa e come acquistare che per potere effettuare acquisti “in condominio” , decurtando parte delle spese.
5 – CONSERVAZIONE, MANEGGIO E TRASPORTO
Guardiamoci sempre dalla polvere, il peggior nemico della vernice in asciugatura, perché s’attacca ovunque. Metteremo perciò ad asciugare il modello in un luogo dove non possa essere toccato da estranei, è meglio coprirlo ed aspettare per qualche ora, maneggiandolo il meno possibile. Il secondo nemico delle nostre realizzazioni è l’incuria; se si pensa alla pazienza ed al tempo necessari per avere un buon modello, si capisce che è meglio provvedere anche a ripararlo da mani “profane” (che non sempre sono quelle dei ragazzini…). Una bella vetrinetta, anche di seconda mano o prodotta in serie, migliorata nella sua efficacia con strisce di gomma adesiva anti-polvere fra un vetro e l’altro, non è certo un sogno irraggiungibile e completerà i nostri sforzi; giustamente ogni modellista vuole trarre il massimo della soddisfazione, mettendo in piedi una collezione anche per il piacere di poterla mostrare nella miglior luce possibile. Quelle veramente a prova di polvere non sono ancora molto comuni ed anche i modelli che crediamo ormai al sicuro, tra i meglio riparati, prima o poi si ricopriranno di una fine patina, comunque asportabile ciclicamente, con un pennello n. 5 che sia veramente morbido. Questa operazione periodica ci darà anche il destro per fare un pò di manutenzione, per controllare eventuali parti mancanti o l’estensione di danni, quasi mai irreparabili, subiti dai modelli durante la loro “tournèe” in mostre o rassegne. L’illuminazione interna delle vetrine non è indispensabile, ma se presente sarebbe meglio a luce fredda.
I modelli finiti devono essere sistemati tenendo conto dello spazio che si ha a disposizione. Scartando a priori l’idea di tenerli all’aperto ma non potendo acquistare subito vetrine o bacheche più grandi, possono andare bene anche vetrinette individuali, disponibili sul mercato in una discreta varietà dimensionale. Qualunque sia il tipo di sistemazione, evitare che i modelli siano esposti alla diretta luce solare o troppo vicini ad una sorgente di calore.
Partecipando a mostre o rassegne, magari organizzate lontano, nasce il problema del trasporto, che non è da sottovalutare visto che i modelli in genere restano soggetti molto delicati, a volte con alcune parti che sembrano rompersi solo a guardarle! Un buon sistema d’imballaggio assicura, per quel che è possibile, un viaggio tranquillo alle nostre creature, ed anche senza pericolo per i modelli di altri. Se la scatola avrà pareti robuste, potrà reggere gli urti, ed all’eventuale sovrapposizione di altre, l’ideale sarebbero le scatole di polistirolo espanso, nello stesso tempo leggero e resistente. In ogni caso, all’interno delle scatole il modello dovrà essere sistemato in modo tale che nessuna sua parte sia a contatto con le pareti, impiegheremo quindi dei fogli di polistirolo sui quali appoggiarlo, trattenendolo in modo molto pratico con l’aiuto di stuzzicadenti infissi nei fogli. Tra i migliori contenitori possono esserci le cassette in legno da vini o liquori, da modificare all’occorrenza togliendo eventuali paretine divisorie interne e foderandole con polistirolo o gommapiuma, almeno nel fondo. Nel caso di modelli su basetta, ci si può limitare a mettere dei pezzi di gommapiuma a contrasto fra base stessa e le pareti del contenitore. Comunque, per ogni contenitore, esternamente sarà molto utile riportare i nostri dati di modellista e le eventuali indicazioni se si tratta di modelli più fragili della media o particolari, non guasterà anche uno schema, anche semplice, per indicare come maneggiarli “in sicurezza”, internamente, un cartellino messo molto vicino al modello lo farà identificare con certezza.
6 – MOSTRE E CONCORSI
E’ ancora interessante ed utile alla nostra crescita modellistica poter confrontare le proprie realizzazioni con quelli di altri, conoscere al contempo nuove tecniche e modellisti. Una manifestazione modellistica è sempre non solo un’occasione d’incontro amichevole fra appassionati ma anche un sistema interessante e per fare scoprire il modellismo e la storia al pubblico generico. Le occasioni, anche tenendo conto della particolare conformazione del nostro paese, si presentano in numero più che discreto lungo tutto l’anno. Al di là delle mostre più note, ce ne sono decine e decine meno pubblicizzate e celebrate, sono quelle fatte e frequentate da modellisti che non si credono supereroi, ovvero le colonne portanti del “fenomeno” modellismo. Sono migliaia di modellisti che lavorano più in silenzio, producendo modelli belli comunque, che hanno poche luci della ribalta ma tengono in piedi la baracca. Partecipare è affine alla gara sportiva, presa nel senso del termine ogni mostra o concorso darà sempre grandi soddisfazioni. Per i concorsi vi sono comunque delle regole e questo vuol dire anche sottoporre le nostre creature al vaglio di una giuria,
fornita solitamente di un minimo di preparazione, ma comunque composta da esseri umani…Lasciando un pò perdere il modello “da scatola”, col tempo per fare una bella figura ci dedicheremo a qualcosa di più, completando modelli più impegnativi ed originali, che accanto all’abilità tecnica potranno far valere la nostra fantasia nell’ambientarli. Uno degli aspetti più controversi delle attuali mostre a concorso è che ultimamente tanti modelli sono “ben fatti” ed il livello medio è sempre elevato, però non c’è quasi più l’emozione ed il brivido di un contesto storico particolare, ed i modelli “ben fatti” sembrano ormai fatti tutti in serie. Solo in rari casi si vedono modelli tratti da kits un pò vecchiotti, ovvero quelli che richiedono veramente ingegno e lavoro sodo per arrivare al livello di quelli più recenti, quelli in resina sono comunque pochi, le conversioni rare e non c’è quasi più traccia di autocostruzioni, così lo spettacolo, per il vero intenditore, non si muove dal quasi banale.
La realtà attuale, alla quale volenti o nolenti ci si deve adeguare vede ancora la preponderanza del binomio mostra-concorso a premi, comunque, una Mostra solo improntata all’effimero successo di una serie di premi per modelli ben riusciti è a volte deprimente. Il vero apporto culturale di una manifestazione si ha se essa incide di più sul piano del sapere, ricordando un fatto storico o presentando eventi collaterali, facendo così da momento di vero confronto e volano per il nostro bagaglio culturale. Altrimenti, ferma restando l’evoluzione dei modellisti verso una maggiore consapevolezza, il semplice spettatore non può che condividere superficialmente, osservando ma non capendo di più la nostra molla storico-culturale. Ci vuole qualcosa, insomma, come una mostra parallela di uniformi, cimeli, fotografie, eccetera, che trascenda i limiti dell’evento-competizione, che resterebbe fine a sé stesso. Ampliare la prospettiva, allargare i nostri orizzonti, qualificare le Mostre, non può che alzare il loro tono.
Dal punto di vista più modellistico e generale, un parametro col quale giudicare riuscita una mostra è vedere i tavoli pieni ma anche i corridoi che li separano, nel senso dei visitatori, il cosiddetto pubblico generico. Se poi non tutti i modelli sono di eccelsa qualità ed i modellisti non tutti conosciutissimi la riuscita può dirsi totale. L’evento avrà dimostrato di saper attirare anche chi si è avvicinato da poco al nostro piccolo mondo ed è questo l’aspetto più importante.
Controlleremo bene ogni particolare dei modelli, prima di vararli in una mostra, è vero che il visitatore medio non è un modellista, ma avrà lo stesso una brutta impressione notando eventuali imprecisioni o dimenticanze. I modelli più presentabili sono quelli più d’aspetto “scenografico”, non si tratta di deviare dai nostri principi di ricerca storica ma di consentire ai visitatori, cioè ad un pubblico più generico, di apprezzare il nostro lavoro e di non sorbirsi un modello uguale a molti altri, semplicemente buttato lì. Maggiori sforzi sono necessari per i diorami, dove intervengono originalità ed inventiva, altrimenti anche se fossero ottimi ma banali nella strutturazione, non colpirebbero.
7 – LE ASSOCIAZIONI MODELLISTICHE
Il modellista, a volte, è portato a chiudersi in sé stesso, volgendosi alla miglior realizzazione possibile dei kits, ma non accettando interferenze dal mondo esterno e facendole così restare chiuse in un cassetto. E’ un atteggiamento che ha portato in passato alla sterilità creativa di molti modellisti ed in ogni caso, prima o poi, si ritorce contro il modellista stesso. Non ci dev’essere più ritrosia a parlare di questo hobby, ormai altamente significativo per la sua unica combinazione di ricerca storica e manualità, ormai praticato da molti che non sono più ragazzini. Neanche dev’esserci la paura di confrontare i nostri modelli, per i quali purtroppo a volte si sviluppa un istinto materno quasi patologico, con quelli derivati dall’esperienza di altri.
Le Associazioni modellistiche sono nate, alcune molti anni fa, ad opera di purtroppo sempre pochi volenterosi, senza scopo di lucro e con il compito primario di diffusione dell’hobby, dando una buona base tecnico/storica ai propri soci, favorendo scambi e circolazione di kits ed informazioni, eccetera. Esse hanno fatto, e fanno, molto, pur tra luci ed ombre legate per lo più all’umana voglia di confronto, per lo sviluppo del modellismo, aiutando moltissime persone in tempi dove tutto era molto difficile per il singolo, a crescere e diventare modellisti consapevoli. Hanno speso tesori di passione, sacrifico e disponibilità, sostenendo sforzi organizzativi notevoli col solo supporto, spesso, della modica cifra della quota d’iscrizione annuale ed a volte creando un vivaio di autori ed articolisti, capaci di dare vita a bollettini modellistici a discreta tiratura e periodicità fissa. Nel caso delle più grandi e capaci, come il CMPR di Ravenna, il GMT di Trento e lo IPMS – ITALIA, con articoli di ottimo pregio e spesso su temi insoliti, sempre con una trattazione “da modellista a modellista”. Sono state anche pioniere, nel senso che hanno forgiato l’universo modellistico, i cui frutti sono goduti dai modellisti attuali. Dall’esterno, per anni è stato facile giudicarle frettolosamente come un’accozzaglia di militaristi o guerrafondai, ma proprio perché conoscono bene le sue conseguenze, i modellisti sono i primi a considerare la guerra un tragico controsenso.
Ora come ora, il contesto è molto cambiato, molte concause, lievitazione dei prezzi, perfezionismi sterili, crescita esponenziale di altri hobby, hanno fatto gettare la spugna a molti modellisti, mentre altri sono ancora tenuti da pregiudizi ad un poco impegnativo isolamento. Le fonti di riferimento e scambio sono diventate molte ed a esse si è aggiunto il potentissimo aiuto fornito da Internet. Una nuova frontiera, che è di molto aiuto in tema di scambi ed informazioni e che può dare molte risposte, me che rischia di far perdere il gusto del contatto umano e dell’incontro con altri modellisti.
Le Associazioni, perlomeno quelle attive, sono diventate molte meno dalle circa 200 che si contavano ancor all’inizio degli anni ’90, sono meno potenti di una volta ed è difficile dire quale sarà la loro evoluzione e le loro prospettive, ma un’Associazione resterà certo poco sostituibile come punto di riferimento locale, specie nelle città non grandissime, e per incontrare realmente, non solo virtualmente, persone che hanno maturato un’esperienza a volte ormai cospicua e che non si fanno pregare a condividere la magia del modellismo con i meno esperti, che sono bombardati da mille stimoli, sino al paradosso di restarne disorientati. Ci sono ancora circostanze, come il reperimento di kits molto rari o documentazione non proprio alla portata di mano di tutti o le visite a musei, per non parlare della partecipazione a mostre e concorsi, nelle quali un’Associazione ha più validità e “peso” , potendo così fare di più, che nel caso del singolo modellista. E’ un mondo piccolo ma quanto mai reale, abitato da strane creature, in genere alla ricerca eterna della migliore ricetta per il verde-medio o ridotte, dai dubbi, a costruire meno modelli, ma pur sempre uno spaccato d’umanità, folle o comico quanto si voglia, accomunato dalla nostra stessa passione. I modellisti sono una specie non troppo dissimile della variegata razza umana, ma spesso hanno caratteristiche peculiari. I vecchi, dall’aspetto ipocondriaco o torvo, davanti ai vecchi cataloghi e modelli perdono la loro grinta e s’inteneriscono: c’è tutto un mondo nei loro occhi umidi ed è il momento d’approfittare della loro esperienza. Attenzione, però, essi a volte raccontano episodi veri che sembrano inventati ed altri, inventati, che sembrano veri. I loro racconti sono superati solo da quelli dei vecchi cacciatori e pescatori, nel colorire le loro imprese.
Alcune volte, nei clubs si forma un po’ alla volta una elite di super-esperti, un gruppetto di persone già molto addentro nei misteri e già in grado di applicare svariati trucchi per ottenere da una banale scatola di montaggio un piccolo capolavoro. Questo dà l’impressione al neofita di una paranoica ed esasperante professionalità di pochi eletti e causa, prima o poi, la rottura del feeling con chi è all’opposto, chi ha appena cominciato o chi non voglia raggiungere le vette, accontentandosi di oneste riproduzioni. La vita del Club diventerebbe presto uno sterile incontro fra “quattro gatti”, impegnati in assemblee lunghe e poco concludenti, ma d’altro canto è un errore basarsi solo sui principianti, che per diverso tempo non potranno essere che elementi passivi, non in grado di portare molto ad un’Associazione.
C’è anche da dire che i principianti, i fruitori principali delle Associazioni, hanno dall’esterno un’immagine di esse che non corrisponde alla realtà. Ci si immagina, o si pretende, aspettando che facciano tutto gli altri, una lussuosa sede, piena di ogni tipo di documentazione subito accessibile anche grazie a graziose segretarie, ma in realtà si è sempre trattato di sedi estemporanee e di un paziente ma oscuro lavoro di contatti umani, faccia a faccia. In genere, i modellisti più giovani dimostrano abbastanza interesse, ma c’è da sottolineare che restano, purtroppo, fermi ad un entusiasmo momentaneo che solo più raramente si concretizza in un modello finito.
Certo, sopravviveranno quelle che sapranno passare dalla vecchia idea di associazionismo ad un visione più realistica, che metta assieme impegno e svago, senza buttare via il loro bagaglio di umanità ed esperienza. Ancora più utilità è rappresentata dalla possibilità concreta che hanno le Associazioni di riunirsi a loro volta in Coordinamenti, nel nostro Paese esiste già da anni quello toscano Pegaso, per esempio, ma sta crescendo bene anche il nuovo coordinamento nazionale CIMS e quello, virtuale, del noto sito Modellismo Più. Essi sono l’unico rimedio alla passata eccessiva polverizzazione delle Associazioni, una tipicità italiana portata all’estremo sino ad avere, anni fa, quasi un gruppo modellistico per ogni campanile.
8 – CONCLUSIONE
Il modellismo riguardante i corazzati è comunque anche un modo come un altro per passare molte ore con noi stessi, realizzando qualcosa di nostro e personale e crescendo culturalmente. Non deve diventare un mondo nel quale rifugiarsi né arrivare a livello maniacale, ma restare un piacevole diversivo alla consueta vita di tutti i giorni. Nell’essere modellisti sono comprese molte soddisfazioni oltre all’impegno, specie da quando il modellismo è sempre più approfondimento nella storia e non solo la sola e pura manualità. L’intelligenza realista, il gusto della sfida o semplicemente della difficoltà superata, la ricerca della simmetria ed al contrario la gioia d’improvvisare, il piacere sottile di delucidare i piccoli misteri di una foto storica, alla Sherlock Holmes. Continui progressi nella preparazione dei kits e nelle tecniche hanno portato il modellismo a livelli notevoli, è indice che nonostante tutto è ancora vitale, ancora diffuso in tutto il mondo e che muove ormai considerevoli capitali. Si può praticare il modellismo a molti livelli, ognuno darà soddisfazione se adeguato ai propri mezzi finanziari e le proprie conoscenze.
Il modellista è un ometto sempre al lavoro, nel suo angolino che ha un pò delle mitiche botteghe alchimistiche…per fare che ? Per cercare l’unicità, con l’ambizione luciferina di non essere confondibile con altri, anzi essere unico. Volando un po’ più basso, può essere comunque il rivendicare la libertà creatrice, restando con noi stessi, per arricchire la nostra interiorità. Il modellismo può essere un ‘esperienza unica e totalizzante, nel senso più materiale della parola. Da una lato la lotta che ogni giorno le nostre famiglie affrontano per riportarci alla vita reale, dall’altro il forte richiamo del nostro piccolo tavolo di lavoro, che ci fa viaggiare ovunque nel tempo e nella Storia.
Sfortunatamente, non è ancora stato inventato un sostituto all’esperienza ed alla pratica. Se qualche volta sbagliamo, non perdiamoci d’animo, succede a tutti. Arrendiamoci ai confini dei nostri limiti, ma combattendo onestamente contro di essi. Prendendola con filosofia, mantenendo un rapporto pacifico tra il tempo che abbiamo a disposizione ed i nostri progetti, la nostra e vostra vicenda modellistica può essere condensata anche in queste spiritose “Leggi” :
1 – Tanto più sono i kits non costruiti che possediamo, tanto più pochi sono quelli realizzati. 2 – Quando si prende un modello dallo scaffale per costruirlo, altri due nuovi lo rimpiazzeranno. 3 – Non esiste il modello perfetto e dopo aver partecipato ad una mostra concorso probabilmente si troverà che è più sbagliato di quel che si crede. 4 - Un kit in resina costruito a metà impressiona, finito troppo bene sembra a volte un semplice modello come tanti altri. 5 – Appena costruito un kit in resina, uscirà poi un modello migliore, in plastica. 6 – Secondo alcuni, la differenza tra l’essere diverso e l’essere sbagliato è piccola e superabile. 7 – C’è la documentazione ed il modello, poche volte le due cose contemporaneamente.Una riflessione sul futuro del modellismo è d’obbligo, quando lo scorrere degli anni ci fa un pò cedere all’anagrafe ed ai casi della vita. Si dovrà valutare come c’è da muoversi perché la nostra “unica” esperienza non sparisca con noi e cercare anzi di valorizzarla. L’ignoranza sulla storia che fa sempre più capolino nella massa potrà essere colmata proprio dai modellisti, che nel loro piccolo, tra qualche anno, saranno tra i pochi a saperne di più. I modellisti potranno essere ancora utili, continuando ad adoperare le mani in sintonia col cervello e col cuore.
una selezione di modelli che comprende le ambientazioni ed un pò di "effetti speciali"