MANUALE DI MODELLISMO PRATICO
(Settima Parte) Come realizzare e migliorare i modelli in scala 1/35 della Seconda Guerra Mondiale
di Andrea e Antonio TALLILLO
Figurini (i carristi)
Introduzione Usiamo deliberatamente il termine figurini, perché non c’è possibilità ormai di confonderli coi semplici soldatini. Nei vari tipi di kits esistenti, sono proposti non solo gli equipaggi dei mezzi corazzati, ma anche le fanterie che li accompagnavano oltre ai componenti di altre unità ed i civili. Ai primi, pionieristici soggetti in piombo che oggi appaiono un po’ rozzi, si sono aggiunti col tempo sia figurini in plastica che una vera e propria ondata – a partire dall’inizio degli anni ’80 - in metallo bianco o resina, con livelli di scultura spesse volte notevoli. Con ciò, saremo aiutati a presentare realisticamente sia i nostri mezzi che le molte varianti d’uniforme, anche fuori ordinanza, di quasi tutti gli eserciti e le forze militari, grandi o piccole, che si fronteggiarono dal 1939 al 1945. Anche se sono gli ultimi arrivati nella produzione modellistica, i figurini hanno trovato in poco tempo un largo seguito, diventando una parte apprezzata, dai risultati notevoli nel comporre scenette o diorami. All’inizio, gli equipaggi facevano comodo, magari per nascondere la mancanza di interni, allora pressocchè inesistenti, ora si tende anche a completare un figurino di carrista a parte. Certo, il tocco finale per qualsiasi mezzo è dato dal suo equipaggio od almeno da parte di esso, in piccole scene di routine quotidiana, che occupava in realtà molto tempo della vita militare. Integrare le nostre sudate ed elaborate repliche con la riproduzione di chi le usava, vivendoci quasi quotidianamente, non può che incrementare di molto il loro realismo. Anche le fanterie che spesso li appoggiavano, trasportate anche in maniera estemporanea sui carri, daranno un’idea abbastanza precisa ed immediata sia delle dimensioni dei vari mezzi che delle contingenze storiche, dando più senso al nostro modesto lavoro. Il mondo dei figurini è ancora più ampio e vecchio di quello dei mezzi militari in plastica ed avendo basi culturali solide continua a valorizzare al massimo l’elemento umano, con tecniche sempre nuove e quantomai personali, specie nella verniciatura. Lo studio delle uniformi è un ulteriore spinta ad interessanti esperienze, valide per consolidare la nostra cultura personale. La parola ‘ricerca’ può forse sembrare esagerata ma è l’unico modo per evitare contrasti evidenti tra le divise dei figurini ed i mezzi, che devono ovviamente riferirsi allo stesso periodo e contesto operativo. Punti cardine saranno uniformi originali, musei e raccolte private, senza dimenticare libri, fotografie e filmati e perché no le testimonianze degli ultimi veterani. A causa del tempo trascorso – ormai sono 65 anni – alcuni loro dettagli possono restare oggetto di vari dibattiti perché anche l’uniforme segue un iter quasi ‘biologico, cioè anch’essa nasce, si evolve, vive e degenera, ma per fortuna nostra quello della Seconda Guerra Mondiale è un periodo molto documentato e sono possibili ancora molti ritrovamenti. Una ricerca minima è sufficiente ad ambientarci nella relativamente lunga storia delle uniformi carriste – tra pochi anni è già un secolo ! Gli Autori SOMMARIO 1 – Materiali ed attrezzi 2 – Ricerca e costruzione 3 –Modifiche e conversioni 4 – Parti accessori ed armamento 5 – La pittura 6 – Ambientazione e scenette 1 – Materiali ed attrezzi Gli strumenti necessari alla costruzione di un figurino non sono moltissimi e certamente sono alla portata di tutti. - Carta vetrata : Useremo solo quella del tipo molto fine, per levigare piccoli dettagli od imperfezioni, per questo la taglieremo a striscioline a seconda delle nostre necessità; - Cianoacrilato : eccellente anche per colmare le antiestetiche fessure dell’incollatura, una volta levigato le nasconde completamente. E’ tenace meccanicamente ma molto fragile, non sopportando gli urti; - Colori : meglio affrontare una spesa maggiore, per dei buoni colori, che doversi poi pentire del risultato. Già con una piccola serie di colori si può, con delle miscele, ottenere una notevole gamma di toni; - Cutter : buono per tagliare piccoli pezzi ma anche per dare risalto ai risvolti di giacche, colletti e polsini, alle fibbie delle cinture, ai bordi degli stivali, ai copricapo e cosi’ via; - Forbicine : utili per tagliare lamine poco spesse, come quelle in rame od in ottone per navimodellismo od anche il plasticard; - Frese : molto adatte per i piccoli lavori, specie dove cutter o lime non sono sufficienti, quelle più pratiche sono sferiche od ogivali, anche per fare aperture molto piccole; - Lame : sono pratiche perché si arriva con esse anche nei punti meno accessibili con le lime, ma attenzione ai segni che lasciano sul metallo bianco, più difficili da togliere. Molto utile, specie per gli incastri di teste e braccia, è quella mezza tonda (sgorbia) larga circa 3 mm, che useremo eliminando strati ridotti sino al risultato voluto. Per le fasi meno delicate, c’è bisogno di una abbastanza forte per tagli sulle parti più spesse come braccia o collo; - Lamine (ottone o rame) : utili per cinghie e tracolle, per tagliarle la cosa più pratica è una piccola riga metallica ed una lama a punta, con la quale ripassare più volte per evitare grinze riccioli; - Legno : può essere scelto tra quello già disponibile da tempo nel campo del modellismo navale, la balsa già tagliata a listelli, per pavimenti o staccionate, oppure colonnine e decorazioni per le balaustre; - Lime : quasi indispensabili. Ne dovremo avere di più tipi : piatta, tonda, semitonda, piatta, quadrata e triangolare. Sono utili per una pulitura iniziale, rimarcare le pieghe delle uniformi, le parti anatomiche o i dettagli delle calzature. Attenti nel ribassare piccoli dettagli, facendo attenzione a non fare leva, perché potrebbero far saltare dei frammenti di figurino; - Pennelli : restano tra l’attrezzatura più importante, più sono buoni e ne avremo cura e più lunga sarà la loro durata. La loro qualità si riflette subito in una colorazione riuscita. Oltre a far pratica finchè non ci sentiremo sicuri di averne un buon controllo, impariamo a tenerli puliti, quando sono sporchi possono provocare inconvenienti ed inutile lavoro supplementare; - Pinzette : le parti piccole e poco maneggevoli saranno, con esse, più lavorabili. Scegliere quelle a punta acuminata; - Punte da trapano : insostituibili per i fori o per certi lavori d’incisione e scavo, essendo reperibili in una gamma notevole di forme. Sono usabili anche a mano, per i figurini in plastica o resina, magari infilate a caldo in un bel pezzo di sprue per impugnarle con più comodità; - Seghetto : per i tagli più radicali, da portarsi a termine con una piccola morsa da fissare al tavolo di lavoro. Il tipo a dorso fine è il più indicato, mireremo a tagliare nella maniera più ‘pulita’ possibile, (anche per la nostra sicurezza); i pochi trucioli restanti si eliminano con l’aiuto di una lama a punta; - Spilli : scaldati servono per forare i figurini ed inserirvi così dei perni metallici (chiodini tagliati od altri spilli); - Stucco : ce ne sono di svariati tipi ed ogni marca presenta prodotti con caratteristiche differenti per quel che riguarda composizione, malleabilità, tempo d’essiccazione, flessibilità, aspetto della superficie e così via. Li sceglieremo abbastanza "duri" per i dettagli come risalti, falde, maniche, mantelli e zaini, o più morbidi, come lo è il classico Milliput, perefetti per rappresentare panni, colletti, tasche e bottoni. Ognuno di noi, col tempo, in base all’esperienza ed alla maggiore praticità, si orienta verso un tipo o l’altro; - Trapanino : sarà utile per qualche zona come quella sotto le braccia, le pieghe dell’uniforme, per svuotare dei pezzi o riprodurre, con una semplice passata, certe trame del tessuto. E’ consigliabile un tipo non troppo potente e comunque regolabile, in modo da non fondere la plastica, basta comunque lavorare a passate successive, pulendo spesso la zona dai trucioli per avere campo libero; - Tronchesino : di ogni tipo, sarà utile se sarà piccolo e costruito in modo da raggiungere ogni parte di un figurino, non importa di quale materiale sia stato completato. Adatto per lavori di massima, come tagliare una testa o le parti inferiori delle gambe pe sostituirle con calzature più adatte; - Tulle da bomboniere : usabile, purchè finissimo, per realistiche reticelle mimetiche su elmetti. Ce ne sono state a tramatura più o meno larga; - Utensili : se proprio non dovessimo trovare degli strumenti da odontotecnico, alcuni utensili sono fabbricabili in proprio, li otterremo da asticelle metalliche – consigliabile ottone, alluminio o rame, lavorate con le lime levigate con carta smerigliata fino ad avere una forma a foglia lanceolata oppure a sezione semitonda. Le inseriremo in un manico di legno, che ne faciliterà l’uso.Tutto quello che può servire ad incidere è utile, può fungere da scalpello o cesello. 2 – Ricerca e costruzione La prima raccomandazione per chi intraprende anche la strada del figurinismo è di procurarsi una seria documentazione, la ricerca è fondamentale, data la gran varietà di modelli e stili riscontrabili in un esercito, in base a circostanze diverse. Questo vale per superare i dubbi, infatti per quanto siano serie ed approfondite le istruzioni del kit, spesso si riscontrano differenze anche grandi tra la ricerca fatta dallo stampista e quel che era l’uniforme. L’esperienza man mano ci aiuterà a valutare l’attendibilità delle fonti, ma è solo con un’accurata ricerca che si raccoglieranno le informazioni più utili. Il segreto di realizzazioni più soddisfacenti consiste anche nella consultazione di qualche libro fotografico, che ci sarà di grande aiuto nel personalizzare i nostri figurini e nell’avere un’idea più precisa del campo di battaglia. Per fortuna, su Internet sono disponibili notizie su moltissimi episodi storici ed è possibile avere un quadro generale e particolare molto esauriente, senza bisogno di dover consultare intere biblioteche. Per le uniformi, invece, è basilare almeno averne vista da vicino qualcuna, grazie ai molti musei ‘dedicati’ che ai molti collezionisti che non hanno paura di far vedere ai profani i pezzi più o meno importanti salvati dall’incuria e dalle ingiurie del tempo. In parallelo, esistono anche riproduzioni molto vicine ai soggetti originali e seguire per esempio le attività di un qualsiasi gruppo di ricostruzione storica che si dedichi al periodo che trattiamo sarà molto utile per capire come venivano vestite le uniformi ed il loro aspetto ‘dal vivo’. Abituandoci a controllare sempre ogni fonte, se possibile, col tempo ci verrà facile realizzare soggetti unici, che non si confonderanno nella moltitudine di quelli visibili in certe mostre. Sarebbe inutile procedere a caso, senza avere delle basi sicure, i risultati sarebbero assurdi. Meglio, in questo senso, annotare ogni possibile fonte, specie negli equipaggiamenti, che rischiare l’errore storico, sempre in agguato. Anche i migliori figurini in metallo bianco avranno a volte bisogno di una rifinitura, per togliere i segni delle giunzioni o le piccole sbavature dovute allo stampaggio. A volte i segni sono appena visibili ma resterebbero comunque apprezzabili, purtroppo, anche sotto alla migliore verniciatura. Si può pulire il metallo bianco con un cutter affilato, ma se necessario si può usare una lima ad ago. Seguiremo la linea di giunzione attentamente, anche riguardo i cambi di direzione. Dopo aver controllato controluce che non si apprezzino più i segni, levigheremo con tela smeriglio finissima, magari avvolgendola attorno alla lima – può essere utile uno spazzolino in metallo. Si tratta di un passaggio non eliminabile, anche se noioso, ma l’esperienza insegna che svolgendolo viene notevolmente facilitato il successivo e si ottiene cosi’ un buon figurino. Assicuriamoci che i pezzi ci siano davvero tutti, controllando anche che le parti si adattino bene le une alle altre nei loro incastri. Studiando attentamente le istruzioni e confrontandole coi pezzi ancora sullo sprue, individueremo quelli che per le loro caratteristiche saranno più facilmente verniciabili a figurino montato. Procederemo all’incollaggio usando cianoacrilato per i piccoli pezzi come le armi e gli accessori, ad essiccazione avvenuta rifinire le eventuali giunture con stucco o con lo stesso. Naturalmente, per essere buono un figurino montato non deve lasciar vedere di quanti pezzi era composto prima. Per i figurini in plastica, c’è solo bisogno di un po’ più di tempo, a causa del maggior numero di parti che li compongono. E’ meglio tenersi sulle colle liquide, stendibili a pennello con ben poche tracce; essiccate le eventuali parti superflue, esse sono eliminabili con pochi colpi di lima o carta abrasiva. Il miglior collante per i pezzi principali – metallo bianco o resina - è quello epossidico a due componenti, le varie parti s’assemblano fissandole opportunamente sopra delle basi o dei perni da lavoro, in modo da maneggiarli con più facilità. Le gambe le fisseremo ad una basetta provvisoria – un’assicella di compensato sarà il minimo - ed aggiungeremo poi i vari altri elementi, facendo attenzione alle giunzioni per evitarci noiosi interventi a lavoro ultimato. Ci si può esercitare su quelli in plastica, meno costosi, ma d’altra parte quelli in metallo bianco o resina sono composti da un minor numero di pezzi e possono essere montati in più breve tempo. Sempre più consensi raccolgono i figurini in resina, anche se relativamente più recenti rispetto al ‘metallo bianco’ ma adatti alle esigenze più diverse. La fedeltà nella riproduzione, la semplicità nelle trasformazioni, la rapidità nel montaggio, l’uniformità delle superfici che rende realistica anche una pittura non accuratissima e l’inalterabilità sono tutti motivi che spiegano la loro affermazione. La prima operazione è quella di pulire i pezzi da quel che resta dei canali di colata (materozze) e la successiva di controllare eventuali imperfezioni, come piccole bolle d’aria formatisi durante la colatura. Se le cavità, come succede, sono pochissime e molto piccole, si possono riempire con del cianoacrilato; dopo che le superfici sono essiccate bene, si procede ripassando i pezzi con carta abrasiva finissima. S’uniscono poi i pezzi col cianoacrilato, attenzione poiché la presa è quasi istantanea, se non sono posizionati bene, saranno dolori…Una semplice precauzione, che eviterà spiacevoli sorprese, è usare dei piccoli perni di fissaggio per unire tra loro le parti – uno spillo tagliato andrà benissimo. Avremo dei buoni risultati studiando bene gli incastri, incollando per primi i pezzi che necessitano di stucco; a parte lasceremo invece quelli che altrimenti ci impedirebbero di arrivare con la pittura in certe zone o che fossero d’intralcio a maneggiare il figurino o, perché no, troppo fragili pe esporle più del necessario. In questo senso, può essere utile realizzare a parte la testa ed in alcuni casi anche le braccia, perché non disturbino. Per qualsiasi tipo di figurino, potrebbe essere necessario, specie se non fossero proprio recenti, limare leggermente le suole delle calzature in modo che poggino realmente sul terreno o sul mezzo che vogliamo completare, basta scavare i piedi in modo da ricavare il naturale arco fra suola e tacco. In alcuni casi ulteriore tocco sarà quello di un foto nel tacco, per infilarvi un chiodino a mò di perno. Ovviamente, è buona tradizione conservare i pezzi migliori acquistati per quando veramente saremo più padroni delle tecniche di costruzione, mentre anche pezzi di qualità media saranno sempre buoni terreni per imparare e sperimentare. 3 – Modifiche e conversioni Se da una verifica finale il nostro figurino, appena completato, magari non rispecchia tutte le nostre aspettative e manca di quel ‘tocco che gli darebbe vita, vuol dire che siamo pronti ad effettuare qualche cambiamento. Non sempre troveremo le pose adatte a quel che vorremmo fare, almeno nei kits più vecchi ed in più di un caso s’impone almeno qualche piccolo intervento di trasformazione, perché assumano più verosimiglianza. Molte volte si può avere un effetto buono a prima vista con veramente poco sforzo, basta intanto immaginare la posa che adotterà il figurino, tenendo a mente alcune semplici regole : esso dovrà stare un po’ schiacciato dove appoggi, le mani dovranno reggersi agli appigli come portelli, cupole, maniglie, in modo naturale – evitando vuoti o lievitazioni che siederebbero la legge di gravità, Gambe e braccia si possono piegare a caldo, immergendole in acqua bollente per qualche istante, ma il procedimento è utile solo per piccole piegature, c’è il rischio di arrivare a pose ridicole. Anche per distendere realisticamente un braccio od una gamba dei figurini in plastica si deve lavorare invece a freddo, innanzitutto bisogna praticare con una lima a sezione triangolare o con un seghetto un’incisione, il vuoto che si viene a creare dopo la piegatura si riempie con dello stucco, aiutandosi con uno stuzzicadenti o con una spatolina metallica. L’incisione va fatta nella parte interna assieme ad un’altra, più corta e dritta, esterna. Una volta asciutto perfettamente, fatta presa con le parti da congiungere e riempire, si elimina quel che è superfluo con una lima o carta abrasiva, cercando di ricreare o prolungare realisticamente le pieghe del tessuto, lavorando con un ago a punta arrotondata o con una fresette che termini a sera, in modo da avere un effetto morbido, senza spigoli. Un tipo economico – perché ‘fatto in casa’ – di stucco serve lo stesso alla bisogna. Si tratta della cosiddetta ‘plastica liquida’ ovvero plastica diluita nell’acetone, se leggermente sarà più solida ed utile a ricostruire anche parti mancanti, se di più diventerà utile come stucco, per ricostruire le pieghe del tessuto o come collante, a saldatura di varie parti. Le mani si possono tagliare per rimetterle in una nuova posizione, svuotando le maniche con una fresetta perché entrino meglio e montandole con uno spillo troncato che farà da perno e permetterà di muoverle ed adattarle meglio. Discreti risultati potremo ottenerli già solo regolando con un cutter le punte delle dita ed incidendo meglio tra l’una e l’altra. Comunque, esistono anche confezioni di mani di ricambio, quasi per ogni uso. Pure plastica liquida e pezzetti di lamierino ci consentiranno di aggiungere o variare la foggia di un’uniforme, portandoci di più al replicare quella che ci serve. A volte, comunque, i figurini hanno uniformi troppo standardizzate ma cosi’ ci porteranno ad un livello più sofisticato. Una volta presa familiarità con le operazioni più semplici, si può iniziare con modifiche più impegnative, che richiedono però non solo molta più cura ma sopratutto una discreta documentazione, per ispirarsi ad uniformi come veramente erano ed avere così figurini più naturali, che raccontino una storia. Avremo cosi’ dei figurini ‘personali’ almeno in parte convertiti,e nei quali l’aspetto originario sarà praticamente poco riconoscibile. Ovvio che dovremo anche acquisire nozioni elementari di anatomia, almeno per aumentare il nostro senso delle proporzioni, ed avere un buon magazzino di pezzi; le une servirebbero a poco se ci limitassimo solo ad assemblare, in un poco utile premontaggio, testa, tronco, braccia e gambe provenienti dai figurini più diversi. L’unità base del corpo umano è la testa, che coi suoi 20 – 26 cm si riduce 6- 8 mm in scala 1.32; tenendo conto che l’intera struttura umana corrisponde a 7 volte quella del capo si evitano già grossolani errori accoppiando pezzi di varia provenienza. Purtroppo, differenze di scala che ci possono apparire minime risultano poi invece discretamente rilevanti e fastidiose alla vista. C’è anche da dire che, molte volte, nei figurini commerciali troveremo canoni non sempre rispettati, con figure più alte del normale e più larghe, tuttavia otticamente gradevoli data la scala ridotta. Un cambio di pezzi tra i più frequenti è quello della testa, un suo nuovo innesto si rende necessario quando il figurino, pur abbastanza curato bell’aspetto generale, è trascurato proprio nell’elemento che si guarda per primo. Il mercato attuale offre una così vasta gamma di teste, con varie fisionomie ed espressioni, che ci apre enormi possibilità se saremo ingegnosi. La torsione della testa s’ottiene tagliando la precedente, per sollevarla od abbassarla si provocherà un taglio adeguato, ricavando un incavo con una lama a punta tonda. Porremo pochissima colla e quando essa comincerà a fare presa appoggeremo la testa nella nuova posizione, aspettando a stuccare, ove cene fosse bisogno, per almeno 24 ore. Assottiglieremo il collo anteriormente, perché segua la nuova angolazione e poi riempiremo il vuoto con dello stucco, togliendo la parte eccedente quando il tutto sarà asciutto. La giunzione può essere nascosta realisticamente da baveri, maglioni, sciarpe, realizzate in stucco; allo stesso modo, è abbastanza semplice aggiungere – dando ancora più carattere, nuovi copricapi, quelli che vengono meglio sono i berretti di stoffa, o gli elmetti, purchè fatti calzare bene, con punti di contatto invisibili e soggoli realizzati con una striscia di carta o plasticard. Ma non troppo calcati sulla testa, altrimenti sarebbero non indossabili a lungo. Un berretto di pelo va trattato come una capigliatura, lavorando di pirografo. Se volessimo far restare il nostro figurino a testa nuda, i capelli possono essere modellati più realisticamente col pirografo oppure con uno spillo, incidendo partendo dalla base del collo e sovrapponendo le incisioni a quelle precedenti ma togliendo anche eventuali sporgenze fuori scala. Un’eventuale stempiatura va fatta con un’asportazione parziale e rimodellando l’attaccatura col pirografo. Se non abbiamo commesso nessun errore nel montaggio, il cambiamento di qualche pezzo può essere eseguito senza nessuna drastica operazione chirurgica. Studiamo la cosa con attenzione, prima di tagliare drasticamente un figurino, è vero che nella maggior parte delle confezioni in plastica sono fonte di una certa varietà di pezzi, che danno la possibilità di scegliere tra molte posizioni, mentre lo stesso non vale per i figurini in metallo bianco o resina. Separando gli elementi, avremo già una gamma di posizioni; il taglio va realizzato il più precisamente possibile, con una lama curva ed affilata. Non perdendo di vista le proporzioni, applicheremo dei piccoli cunei di riempimento per armonizzare parti di diversa provenienza, si passa poi ad eliminare con una lama i dettagli dell’uniforme che non siano corretti per quella che vogliamo ricavare. Nella ricomposizione delle parti, è utilissimo lo stucco, nell’applicarlo bisogna avvicinarsi il più possibile alla forma definitiva, i punti sensibili restando quelli che devono essere un tutt’uno come tronco ed estremità. Non sarà sempre facile stuccare e poi scartavetrare, dribblando pieghe e bottoni od altri dettagli. Lo stucco reagisce in modo vario mentre procede il suo indurimento, finchè si può ancora manipolare è il momento per fare linee sottili, pieghe ed i dettagli più fini. Dei bulini di varie dimensioni saranno utili per incidere tasche e bottoni, dopo ogni operazione basta inumidire con acqua un pennello, per lisciare e pareggiare i rilievi ottenuti. Le tasche possono essere di diversi tipi, tutte sono facili da riprodurre, specie se sono del tipo a sola patta esterna. I bottoni possono anche essere realizzati ritagliando dei dischetti dallo sprue o con la plastica liquida se più grandi, se piccoli incidendoli con un portamina cavo. Le spalline devono aderire bene, quelle già stampate possono essere tolte se troppo brutte, fabbricandone di nuove con della carta o del plasticard o meglio ancora con del lamierino. L’unione con il giro manica va curata, riproducendola con colla liquida o stucco. Eventuali insegne, galloni eccetera, si devono aggiungere disegnando su di un leggerissimo strato di stucco con uno spillo. La fase di perfezionamento si realizza con le lime, con esse s’elimina parte dello stucco sino ad arrivare alla forma che ci serve. Poi si levigano le superfici e si profila con carta vetrata a grana molto fine, rendendola flessibile col tagliarla a striscette. Non dimentichiamoci, alla fin fine, che per la più semplice della trasformazioni gli strumenti base sono anche …il pennello ed il colore, dato che molte uniformi hanno un taglio simile, ma colori diversi. 4 – Parti accessorie ed armamento Cinturoni e buffetterie in genere sono già stampati in modo accettabile, ma a volte è meglio prepararli a parte, con della carta, nastro od un lamierino, se formassero delle pieghe assotiglieremo il figurino ove sia più utile. Il plasticard è un materiale troppo rigido e difficile da incollare con precisione. Se dovessimo applicare un nuovo cinturone, lo sistemeremo sulla punta di uno stuzzicadenti, tenendolo in posizione mentre con un pennello vecchio applicheremo pochissima colla per le fibbie. Il filo di rame sottilissimo, piegato con una pinza o punte arrotondate, serve per speroni, morsi e staffe. Gli zaini, per definizione, sono pesanti in genere e perciò i loro spallacci dovranno essere tenuti un po’ discosti, pe simulare il peso. Per dare loro una forma più adatta al dorso del figurino, con un coltellino arrotondato li incideremo a forma concava. Borse e tascapani si possono riprodurre facilmente con stucco e con delle cinghie rifatte, ma sia borse che coperte e teli da tenda sono facilmente reperibili nella miriade di confezioni di accessori in resina. Potremo sbizzarrirci anche per gli elementi accessori, per esempio le cartucciere sono riproducibili abbastanza facilmente, trasformando piccoli pezzi di plastica, segnando i bottoni con un piccolo punzone metallico – realizzabile con un ago ipodermico od un tubetto d’ottone – mentre per le cinghie si usano striscioline di sottile plastica o lamierino, tagliate con cura. Far chiudere bene le mani su di un oggetto o sulle armi, anche un semplice fucile, è importante, uno dei difetti più comuni dei vecchi figurini è quello che poche volte afferrano bene gli oggetti, con un effetto innaturale. E’ meglio tagliarle, cercando di far restare vuota la maggior parte della manica, alleggerendone il bordo e ricollocando la mano nella posizione più adatta. Se una mano è mal sagomata, raschiamola dall’interno in modo da poterla modellare attorno all’arma. Può essere abbastanza realistico incollare tra mano ed oggetto che impugna uno straccio, riprodotto in carta da fazzoletti, cosi’ avremo un’unione realistica. Anche le calzature vanno curate, per i cinturini degli stivali useremo striscette di plasticard. Con una lunga striscia di carta avvolta attorno alla gamba, incollata ad intervalli, avremo una soddisfacente versione delle fasce gambiere, se riusciamo a non imbrattare gli orli con la colla esse risalteranno di più a lavoro finito. Le armi da taglio vanno dipinte col nero e ripassate con l’acciaio; tenendole sotto la luce, controlliamo le zone da schiarire, da ritoccarsi leggermente con l’argento. Le scanalature delle lame vanno scurite col marrone, reso più "caldo" con una punta d’oro, mentre la zona attorno all’impugnatura va sfumata con del blu, dando un riflesso bianco al filo della lama. Le armi da fuoco, come i fucili per esempio, si possono ritoccare col pirografo, le cinghie mancano in molte dei pezzi dei kits, ma potremo ricavarle con lo stesso materiale usato per cinture e tracolle. Taglieremo una striscia di misura, formando un passante a ciascuna estremità, le incolleremo dopo aver deciso se dovranno essere tese o molli ed aggiungeremo poi fibbie, anelli e passanti in filo di rame finissimo. Incolliamo sempre solo un capo della cinghia all’arma, lasciando libero l’altro per poterlo adattare, per dare la sagoma alla cinghia si potrà avvolgerla attorno ad un oggetto come una penna o modellandola – se l’arma è appoggiata al terreno. Come si vede, le armi individuali richiedono attenzione ai dettagli minuti, abbastanza importanti per il realismo. Le parti in legno delle armi leggere possono avere una colorazione abbastanza varia, dipende dal legno usato nella fabbricazione – per esempio il cedro usato negli USA era di un marrone rossastro medio mentre il faggio, armi inglesi o tedesche, era giallastro bruciato. La finitura può essere chiara o scura, in genere se un’arma era nuova aveva un colore chiaro, se molto usata va dipinta marrone scuro, per aver assorbito in parte l’olio usato per la pulizia e protezione contro la ruggine. Se ce la sentiamo, proveremo a tracciare sottili righe ondulate più scure, per simulare le nervature del legno. In pratica, si parte da un Terra di Siena bruciata, schiarendo con marrone chiaro. Anche le parti metalliche possono presentare aspetti diversi, a seconda del loro stato; l’acciaio più comune era quello brunito, un colore nero azzurrognolo che con l’uso lascia vedere parti del materiale originale. Cominceremo la pittura applicando uno strato di nero mescolato con un po’ di blu scuro, l’usura va simulata con una sottile mano di colore argento a pennello asciutto. La resa del colore metallico sarà comunque migliorata applicando un leggerissimo strato di polvere di grafite sui colori base. Per le eventuali parti in ottone, la maniera più pratica di replicarle è una prima mano di pittura dorata alle superfici in questione, ombreggiando in seguito i pezzi con marrone rossastro e scurendo col nero alcune parti. Le armi anticarro da fanteria, come il panzerfaust tedesco od il meno celebre PIAT inglese, erano interamente metalliche e protette da vernice, rispettivamente giallo sabbia e cachi chiaro. Pure per le armi leggere, per fortuna, esistono ormai diverse confezioni singole, che propongono sia armi conosciutissime che vere e proprie "chicche". Con un pò di ricerca supplementare, scopriremo di poter armare i nostri figurini anche con materiale imprevisto. L’operazione finale, con gli equipaggiamenti, è la loro collocazione, comunque possono essere verniciati, in alcuni casi, anche dopo essere stati fissati al corpo. Ovviamente, sarà necessaria più cura in questo caso perché il colore potrebbe essere debordato sulla superficie già dipinta dell’uniforme. Le cinture e le cinghie sono più facili da dipingere se terremo il figurino obliquo. Per accentuarne l’effetto, basta applicare un fondo di nero opaco diluito e poi dipingere nel colore appropriato, in genere si trattava di cuoio chiaro o scuro, ma esistevano cuoio tinto di nero o, più raramente, grigioverde. Altre volte, più frequentemente, risulta più comodo verniciare separatamente i pezzi d’equipaggiamento o le armi, per evitare di penare in seguito. 5 – La pittura Prima di cominciare, ricordiamo che le tecniche che descriveremo non devono essere considerate l’unico metodo, ne esistono molte altre, da usarsi in diverse occasioni, creandoci così il nostro personale metodo di lavoro. Nei figurini, è molto importante non appiattire l’opera degli scultori con una pittura mediocre, i pezzi vanno invece arricchiti, evidenziando i particolari con colpi di luce ed ombre ben dosati, ricordiamoci che proprio dalla colorazione si vedono sensibilità e maturità del modellista. Del resto, dalla loro parvenza a tre dimensioni dipenderà anche il realismo finale dei mezzi sui quali saranno montati o che accompagneranno. Sorgono ancora discussioni sulla tecnica più adatta alla colorazione dei figurini, ma sperimentare più tipi di colori è una buona via per la scelta più adatta ad ogni modellista. Attraverso gli anni, per verniciare i figurini sono stati usati quasi tutti i tipi di colori disponibili, spesso combinati fa loro, quando possibile. Dai semplici smalti, acrilici od alla caseina si è arrivati ai colori ad olio, a smalti ed acrilici ‘di nuova generazione’ , senza dimenticare gli acquerelli o le tempere fini. Chiaro però che, pur essendo le uniformi riproducibili di molti tipi, non si ha davanti un’ampia scelta in quanto a colore, non si va mai troppo distante dall’ambito del verde, del marrone più o meno chiaro, del grigio o grigio-verde, del sabbia più o meno giallastro o nocciola. In una prima fase, i figurini andranno ben fermati, per evitare di maneggiarli e lasciare impronte. Attacchiamo la base temporanea del figurino al manico di legno di qualche attrezzo. E’ necessario abituarsi a lavorare appoggiando i polsi al tavolo da lavoro, per avere un buon punto d’appoggio e non dipingere mai con la mano sollevata. La mano di fondo (primer) rende la figura uniforme ed aiuta a riconoscere dettagli. La base migliore è il grigio, se diamo due mani, lasciamo passare almeno 24 ore tra una e l’altra. Lo strato d applicare è sottilissimo, in modo da non coprire i dettagli con delle pesanti colature. Durante la lavorazione è meglio maneggiare il meno possibile i pezzi già verniciati ed asciutti, per risparmiarci ditate o sfregamenti. Cercare di spiegare come si dipinge un figurino è un compito non facile, perché le parole sembrano sempre insufficienti, meno male che in 1-35 o 54 mm che a dir si voglia la superficie da trattare è veramente poca e quindi il numero di passaggi può essere semplificato, per non rischiare di trasformare grottescamente il viso dei nostri piccoli soldati. Iniziando dai pennelli, ne occorreranno due o tre al massimo, un numero 3 per le grandi superfici e con un numero 1 per i profili ed i dettagli, in pelo di martora, anche se sono cari ne vale la pena. L’importante è che la loro punta più che la quantità di peli. Prima di cominciare a dipingere ci serviranno un recipiente con diluente – bicchierino, vasetto o qualcosa di simile – una superficie dove depositare il colore - un piattino od un vassoio - un piano in vetro ed uno straccetto utile sia per pulire bene il pennello dopo averlo usato o per raccogliere la vernice in eccesso. Per i volti, consideriamo che plastica, resina o metallo bianco richiedono più o meno la stessa abilità. Ormai le facce dei figurini sono riprodotte nei loro particolari più minuti ed è certo che i lineamenti fanno il personaggio e perciò vanno curati. Il volto, anche se i nostri soldati in miniatura sono grandi più o meno appena 5 centimetri è un punto focale ed i colori dovrebbero essere usati un po’ come il trucco degli attori, per delimitare i contorni ed enfatizzare i dettagli. A questo scopo, può essere divertente – quando saremo però veramente più bravi – simulare la barba non rasata, picchiettando con la punta del pennello del grigio chiaro su guance e mento, senza esagerare. A distanza normale, comunque, non si devono distinguere marcatamente i colori, altrimenti è il caso di ricominciare. Il procedimento per la colorazione dei visi si può riassumere in quattro fasi fondamentali, partendo dal disegno degli occhi, poi con la colorazione della base e luci successive, colorazione delle ombreggiature, ritocchi di finitura e profilatura. Useremo un pennello a punta, con una velatura di rosa (molto bianco, un po’ di giallo e rosso ed una punta di blu). Dopo l’asciugatura tracciamo la linea delle palpebre con del grigio diluito e ritocchiamo se necessario, con del grigio chiaro, scurendo l’angolo interno dell’occhio. Solo dopo delimiteremo la palpebra inferiore. Per l’incarnato, applichiamo il colore dal rosa chiaro allo scuro, badando a sfumare le zone più chiare come le tempie, la fronte, il setto nasale, le narici, gli zigomi, le pieghe d’espressione, il mento e la mascella. Eventuali eccessi di colore sul pennello verranno controllati con un foglio di carta assorbente. Per i capelli usiamo del blu scuro, con l’aggiunta di nero per il fondo, sovrapponendo a pennello secco Terra d’Ombra chiara o scura. Applicheremo il colore cercando di farlo penetrare nelle zone incise ma fermandoci un po’ prima dell’attaccatura. A colore asciutto, toglieremo più colore che potremo, la sagoma verrà esaltata con un colore più scuro o con tocchi diversi – blu per il nero, esempio). Schiarendo con un tono più chiaro del colore di base in certi punti li avremo luminosi quanto basta per un effetto tridimensionale. Lavoreremo partendo dall’attaccatura verso l’esterno, non danneggiando così l’incarnato. Durante la pittura, dovremo immaginare che la luce provenga dalle nostre spalle, luci ed ombre dovranno tenere conto della provenienza dei raggi luminosi. La rapidità d’asciugatura può tornare a nostro vantaggio, più saranno i diversi toni di colore, tanto maggiore sarà la resa pittorica. Sin qui, abbiamo parlato di un viso neutro, è difficile far esprimere un’emozione solo con la pittura. Per fortuna alle normali teste si sono aggiunte teste di rimpiazzo – irate o sorridenti, stanche e dolenti o che sogghignano o mangiano – che risolvono molti problemi ma ne cureremo comunque un po’ di più la pittura, per trarne il massimo. Un volto irato dovrà avere in evidenza le sopracciglia curvate e le sottili linee che partono dall’angolo di naso e bocca, mentre un viso che sorride espone piccole linee attorno agli occhi ed alla bocca e così via. Se il nostro figurino presentasse ampie zone del corpo scoperte, si presenterà il problema di come verniciarle, più che altro per la notevole sottigliezza della graduazione del colore. Dette zone vanno trattate come la faccia ma con meno ombreggiature o schiariture, sfumando i colori attorno alla struttura muscolare ed ossea. Se tutto è stato applicato bene, si noterà appena che le zone dipinte sono più chiare e senza limiti netti. L’eventuale abbronzatura s’ottiene con una punta di rosso, la pallidezza invece con una punta di bianco. Le mani vanno lasciate per ultime, sono di realizzazione molto semplice, col colore di base che, appena scurito, va fatto scorrere tra le dita con del Terra di Siena, la loro maggiore presa, se necessario, si fa risaltare con una schiaritura delle nocche. Non si deve pretendere che nella ricerca del colore esatto ogni uniforme sia proprio "quella", teniamo in debito conto che i colori spesso variavano anche costantemente di tonalità, questo causava delle differenze notevoli nelle uniformi, non si può non essere d’accordo. Il modo ideale per dare profondità alle pieghe dell’uniforme è rendere più scuro il colore di base con l’aggiunta di nero o marrone e coloriamo le parti in ombra, quindi aggiungendo al colore altro nero o marrone scuro segniamo la parte interna della zona in ombra. Per dare un senso di profondità ancora maggiore applicheremo un tocco di chiaro alla parte superiore della piega, aggiungendo del bianco al colore di base. Le uniformi non dovrebbero mostrare sempre un’eccessiva usura, vanno stinte senza esagerare coi lavaggi o col dry-brushing in toni chiari. Inoltre, bisogna cercare di sporcare con gli stessi colori del terreno d’ambientazione uniformi (specie nei pantaloni e nella calzature) in modo da integrare appieno il soggetto. A volte si vedono soldati con uniformi molto pulite mentre le basi del loro mezzo presentano terreni impolverati o fangosi… I bottoni e le fibbie si possono rendere bene passando una prima mano di nero opaco, che apparendo vicino ai bordi darà più stacco e risalto alla parte metallica, poi una miscela di nero, grigio ed argento, con argento puro o bianco a schiarire. Naturalmente, durante i passaggi attenderemo che lo strato precedente sia bene essiccato. E’ vero che, almeno per questo periodo, non esistono gradi troppo vistosi o decorazioni dorate, anzi nacquero fregi a ‘bassa visibilità, comunque il lavoro attorno ai profili ed ai fregi dovrà essere il più accurato possibile, col pennello che andrà usato di punta, quando il colore di fondo è tutto steso ed asciutto. Volendo, se si hanno buone capacità pittoriche si possono personalizzare ancora di più i nostri figurini, cambiando insegne o aggiungendone, in modo da farli appartenere a reparti ben precisi. Gli errori più frequenti nella verniciatura di un’uniforme, all’inizio, sono depositare strati evidenti di colore troppo denso e sfumature con passaggi troppo netti, con la pratica impareremo ad usarne una giusta quantità ed a graduare le sfumature. Esse servono anche per ottenere effetti di chiaroscuro e per quest’aspetto i colori ad olio sono più agevoli da usare, ma si possono avere buoni risultati anche con gli acquerelli. Applichiamo i colori in piccolissime quantità, lavorando bene i bordi di un colore sinchè si fonde con quello successivo. Pe ombreggiare, aggiungiamo una piccolissima quantità di colore più scuro, applicandolo col pennello a cuneo, lavorando sui margini. Lumeggiare è applicare toni più chiari di colore, perché risaltino i contorni od i dettagli. Per un’uniforme mimetica, il processo di verniciatura comincia col colore di base, che corrisponde a quello dominante della mimetizzazione od alla tinta più chiara, per proseguire poi con quello o quelli più scuri; nel primo colore si applicano ombre e luci come si farebbe per qualsiasi normale uniforme, è una base sulla quale si vanno incorporando le diverse tinte, è meglio cominciare dalle chiare verso le scure, usando il nero per profilare dettagli e cuciture. Altri effetti aggiungibili con un minimo di realismo sono quelli per esempio della pioggia - che scurirà la stoffa di spalle e copricapo, nonché il fondo dei pantaloni o quello del sudore su di una camicia di un figurino in clima caldo, applicando un tono appena più scuro su petto e schiena, nonché nella zona sotto alle ascelle. Parlando di carristi, è giocoforza dover affrontare, prima o dopo, anche la pittura dei giacconi di cuoio che equipaggiavano alcuni eserciti anche a guerra inoltrata. Niente paura, non è difficilissimo, ma è ben prestare attenzione e fare qualche prova su vecchi soggetti. Si comincia applicando grandi campiture di colore, distribuite nelle parti che restano nelle zone basse e nelle pieghe applicheremo un color scuro, sulle zone più in rilievo o creste useremo una tinta chiara. Procederemo molto velocemente, senza lasciare che il colore asciughi e con un pennello medio leggermente inumidito con diluente andremo fondendo i colori nelle zone nelle quali si uniscono, fino ad ottenere una graduazione uniforme. Sempre senza aspettare, continueremo aggiungendo leggere velature in tinte più scure, per le zone più profonde, sfumandole col pennello di cui sopra se fossero rimaste troppo marcate. I profili delle parti devono essere molto sottili e’puliti’, specie se scuri, si possono comunque regolare dopo, col colore sul quale spiccano, è così più semplice rifilare. Il cuoio lucido va colorato in toni scuri e contrastato fortemente; a colore asciugato, si potrà aggiungere uno strato di vernice semilucida, senza esagerare. Il cuoio naturale si riproduce con una miscela di marrone-beige e marrone scuro al 50 %, virando leggermente le percentuali con qualche ‘prova di colore’ se il primo risultato non vi convince. Le lumeggiature si realizzano aggiungendo in progressione marrone giallastro e beige, per le ombreggiature si usa marrone scuro. 6 – Ambientazione e scenette Un’ambientazione è importante come lo è la cornice per un quadro e funziona un pò nello stesso modo, dovrà essere scelta con criteri di sobrietà, per non mettere in ombra il soggetto. La basetta dovrebbe essere per ogni figurino uno sfondo, non solo un contorno, si deve perciò tentare d’inquadrare meglio uno o più figurini in un preciso contesto. Venendo incontro alle esigenze di molti modellisti, alcune marche forniscono, assieme ai figurini, delle piccole basi già pronte. Certo, si possono completare così come sono, ma è più divertente modificare alcuni elementi, ottenendo suggestive variazioni. Altri – e diversi – elementi si possono aggiungere, ogni apporto è valido quando contribuisce a migliorare il risultato finale, partendo dal classico bivacco o fusto di carburante oppure da una tenda e da casse di munizioni. Una singolare apparizione sul mercato, che avrà senz’altro abbastanza seguito, è quella di alcune parti di corazzato già pronte in resina, che possono fare da sfondo ad uno o più figurini, è sufficiente fissarle al terreno ed usare un po’ d’immaginazione nel completare con altri piccoli elementi, a piacere. Ma per abbattere i costi – in questi tempi di borsellino floscio – si può pensare a recuperare certi vecchi kits che non completeremo mai, tagliandoli nel senso longitudinale con un buon seghetto e completandoli nella migliore maniera possibile. Naturalmente, non esagereremo coi dettagli, perché in questo caso dobbiamo considerare il kit un mero sfondo per una scenetta, m l’effetto sarà comunque notevole ! Le scenette sono ancora apprezzate, perché condensano il fascino del diorama in uno spazio più piccolo. Già con un paio di figurini ed almeno un elemento d’ambientazione (può essere un cannone, un veicolo non grande, un muro, un soldato avversario eccetera) si ha una buona gamma di possibilità, tenendo sempre presente un equilibrio tra essi e la scena che si vuole rappresentare. Dovendo sfruttare al massimo lo spazio a disposizione, è meglio tracciare un progetto, studiando la composizione più idonea. Il tutto è una specie di puzzle da risolvere, ci aiuteranno accessori che forniranno utili indicazioni, per situare meglio la scenetta geograficamente e temporalmente. Perché una scenetta possa dirsi riuscita, occorre che colpisca l’attenzione al primo sguardo, portando ad un esame più interessato. Quindi, assieme e dettagli dovrebbero essere curati allo stesso mood, anche se a volte è difficile rendere omogeneo il tutto. Per fare il terreno, ormai usiamo di frequente lo Hydrozell della Faller, che è in pratica una "polvere" realizzata apposta per diorami ferroviari, al quale mescolo terre colorate e Terra di Siena bruciata, aggiungendo un po’ di segatura ed acqua, fino ad avere una vera e propria pasta da stendere. Ma può essere usato qualsiasi materiale come il Das, stucco e così via. Sulla base, dopo aver applicato allo stucco del vinavil, si aggiunge la terra e delle piccole pietre. I colori usabili per il terreno sono gialli, marroni ed ocra con un po’ di bianco, applicati in graduazioni dallo scuro al più chiaro, come rifinitura andrà bene una mano di marrone scuro, molto diluita. Il segreto consiste nel dipingere col colore più scuro le zone alle quali vogliamo dare più profondità, in seguito lumeggeremo in progressione sino ad arrivare alla zona più chiara nei rilievi più pronunciati. Le gradazioni di colore sono da realizzare in modo sottile, ottenendo una perfetta sfumatura da chiaro a scuro. Per ottenerla, è importante la fluidità della vernice, perché con questa tecnica il colore è sovrapposto a strati. Nel caso di figurini seduti, ricordiamoci di scartavetrare un pò il loro fondo schiena, in modo da rendere poi l’effetto dello schiacciamento esercitato dal peso su sedili, coperte o teli, sacchetti di sabbia od altro. I piloti molte volte è conveniente sistemarli prima d’incollare definitivamente la parte superiore dello scafo all’altra. Nella maggior parte dei casi resteranno in vista solo testa e spalle, sino ad avere quasi un ‘mezzo busto’; è consigliabile costruir allora una base d’appoggio, una vera e propria scatoletta costituita da pezzi di plasticard, che diverrà un supporto praticamente invisibile. Un figurino sistemato su di un mezzo scoperto, avrà la parte anteriore del corpo impolverata. Mettiamo un po’ di polvere bianca su di un batuffolo di cotone, tamponando il figurino l’effetto sarà molto naturale. Uniche avvertenze, non esagerare con l’effetto polvere sulla faccia del figurino ed applichiamola quando essa sarà ben asciutta. Bene, cari amici modellisti, ringraziamo tutti coloro che, coi loro consigli e suggerimenti, hanno reso più fluido il testo. Come avete potuto notare, più che sull’esasperata tecnologia e sulla presenza ossessiva di prodotti ‘che risolvono ogni nostro problema’ abbiamo posto l’enfasi sul buon senso, che ci suggerisce sempre di completarci da soli la nostra cassetta degli attrezzi e soprattutto di non prendere facili scorciatoie. I veri segreti dei modellisti più esperti sono, ancora oggi, la pazienza e la tenacia, il perseverare ed il provare e riprovare. Solo così completeremo dei modelli, dei diorami e degli equipaggi molto particolari, proprio perché avremo messo molto di noi in quel che facciamo. Anche nel modellismo, il maggior ostacolo tra i nostri talenti ed un miglior risultato siamo solo noi stessi…. torna a TECNICHE MODELLISTICHE